Treno di notte per Lisbona

La vita di ordinaria ripetitività che il professore svizzero di filologia classica Raimund Gregorius conduce nella sonnolenta Berna ha un improvviso scossone quando una mattina l’uomo si imbatte in una donna decisa a buttarsi giù da un ponte. Pronto ad afferrarla nel momento in cui si sta per lasciare andare nel vuoto, il professore non riesce però a evitare che la donna sparisca nel nulla lasciandosi dietro le flebili tracce di un soprabito rosso all’interno del quale l’uomo trova un romanzo e un biglietto ferroviario per Lisbona. Deciso a dare una svolta a una vita fatta solo di noiose routine ma spinto anche dalla sete improvvisa e insopprimibile di avventura, Gregorius sale sul treno e, una volta arrivato in Portogallo, scopre che l’autore del libro, Amadeu de Prado, era un medico e membro della resistenza che si oppose al feroce regime dittatoriale di Salazar.

Affascinato dal romanzo al punto da non fermarsi a quel semplice dato, il professore inizia a raccogliere informazioni sullo scrittore andando a disturbarne la sorella (una Charlotte Rampling quanto mai improbabile in versione portoghese), un anziano sacerdote che lo aveva conosciuto da bambino (il prete ha il volto luciferino di Christofer Lee) e altra umanità assortita più o meno direttamente collegata agli accadimenti ripercorsi nel libro.

Ciò che scopre è uno spaccato di storia del Portogallo ai tempi dell’atroce dittatura di Salazar con tutta la sua ferocia repressiva (anche se la brutalità della famigerata polizia politica chiamata Pide resta sullo sfondo schiacciata com’è dalla preponderanza della tonalità romantica della rievocazione) e le difficoltà di essere giovani e constatare l’impossibilità di conciliare la passione politica con le ragioni del cuore. Trascinato dal libro nelle spire di un passato carico di atmosfere da thriller, Gregorius si intestardisce arrivando a inseguire nel presente i fantasmi di quell’epoca ormai viva soltanto tra le pagine del romanzo.

Tratta dal romanzo omonimo di Pascal Mercier (nom de plume del settantenne svizzero Peter Bieri) divenuto uno strano caso letterario nei paesi di lingua germanica e da noi insignito del Premio Grinzane Cavour, questa trascrizione calligrafica di Bille August sceglie di chiarire fin da subito la sua appartenenza alle opere di finzione per antonomasia. Ovvero a quel tipo di film in cui tutto può essere accettato solo se lo spettatore accondiscende a non discutere l’evidente “falsità” di tutto quel che gli viene fatto digerire.

Se non bastasse a suggerirlo la matrice più che letteraria (tutto ruota infatti intorno al libro trovato per caso da Gregorius e alla ricerca che questi fa per le strade di Lisbona del fantasma del suo autore), a confermarlo è poi l’uso di un cast evidentemente e riconoscibilmente internazionale (come lo è la produzione) nei panni di personaggi presentati come nativi portoghesi che però comunicano in inglese, lingua nella quale il film è stato girato non ostante molti degli attori non siano affatto inglesi di madre lingua.

Ma aldilà di tali considerazioni di natura extracinematografica (più che pertinenti però a livello di analisi critica), questa co-produzione made in EU diretta da Bille August pecca proprio in quella che forse, in teoria, voleva essere la sua forza: ovvero il non riuscire a far sì che l’intera vicenda narrata per immagini sembri solo una conversione passiva e priva di convinzione delle pagine di un romanzo, lasciando insoddisfatti tanto gli estimatori del libro di partenza quanto sopratutto gli spettatori.

Spettatori che, non avendo a disposizione le analisi e le introspezioni dedicate al personaggio del protagonista ma sopratutto le informazioni necessarie per contestualizzare storicamente la vicenda parallela rievocata nel libro che il professore trova a Berna (e quindi l’era assai complessa della dittatura salazariana in Portogallo), si trovano a disagio dovendo cercare di identificarsi con un personaggio bidimensionale che subisce gli eventi dando costantemente l’impressione di essere una figurina passiva che attraversa in maniera anodina un copione in cui non riesce ad assurgere a vero interprete attivo.

E così, non ostante il prestigioso cast internazionale (con un Jeremy Irons sempre troppo spaesato per essere credibile pur essendo ancora in grado di dispensare pillole di fascino anche a 65 anni) e la regia premio Oscar danese Bille August quasi sempre a suo agio con confezioni di grande spessore intellettuale, Treno di notte per Lisbona finisce con il centrare un obiettivo paradossale: ovvero di sembrare una trasposizione bolsa e vecchiotta con toni da fiction televisiva, laddove aveva probabilmente l’intento di essere un’opera di grande respiro culturale in cui la Storia del vecchio continente venisse rievocata attraverso le microstorie dei personaggi intrappolati nei suoi grovigli.

Trama

Una mattina un professore svizzero salva una donna che stava tentando di suicidarsi ma non riesce a parlarle perché fugge lasciando sul luogo un soprabito con dentro un esile romanzo. Affascinato dalla lettura, l’uomo decide di partire all’improvviso per il Portogallo per mettersi sulle tracce del misterioso autore senza poter intuire che il viaggio gli cambierà in maniera radicale la vita.


di Redazione
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