The Great Buster
Ignazio Senatore scrive del film di Peter Bogdanovich, omaggio al grande Buster Keaton.
Con il suo accorato doc, il compianto Peter Bogdanovich omaggia uno degli attori e dei registi più straordinari del cinema muto (e non solo). Le immagini ci mostrano foto d’epoca che ritraggono il piccolo Joseph Frank Keaton, figlio di due artisti del vaudeville, che si esibisce nei circhi e nei teatri come “proiettile umano”. Per questo numero, i genitori verranno condannati in diversi stati degli USA, per “maltrattamento di minore”, ma non finiranno mai in galera.
Il ragazzo cresce, impara a “cascare” ed è soprannominato dal celebre Houdini “Buster”, che diverrà il suo nome d’arte. Bogdanovich monta alcuni frammenti degli irresistibili cortometraggi di Keaton, e lascia che Frank Capra, Carl Reiner, Mel Brooks, Cybill Shepherd, Werner Herzog e Quentin Tarantino ne tessano le lodi. Attore funambolico, interprete in prima persona delle scene spericolate dei suoi film, Keaton perderà la propria libertà artistica dopo aver firmato un contratto che lo legherà alla potente MGM. La nascita del sonoro e dei cartoon, due matrimoni fallimentari alle spalle e problemi di alcolomania daranno un duro colpo alla sua carriera artistica.
Ma, grazie all’amore della sua terza moglie, ecco la risalita, punteggiata dalle sue apparizioni in spot pubblicitari, nelle esilaranti scenette interpretate per Candid Camera e, infine, in filmetti, di poco spessore. Sul “viale del tramonto”, verrà insignito di un Oscar speciale alla carriera e osannato al Festival di Venezia, dove riceverà dieci minuti di applausi. Un tributo “necessario” per “faccia di pietra”, come veniva soprannominato Keaton, attore e regista più folle, anarchico e surreale di Chaplin, dimenticato troppo in fretta. Attore che deve gran parte della sua fama ad una scelta geniale: quella di non ridere mai in scena.
di Ignazio Senatore