The End of the Tour – Un viaggio con David Foster Wallace

Molti sono i film basati sulla vita di persone famose, forse per una certa curiosità da parte del pubblico di scoprire i segreti di personaggi e la loro vita privata.
In poche settimane, sono apparsi sui nostri schermi tre film legati al fenomeno del biopic: Life (2015) di Anton Corbijn, sul rapporto  professionale e di amicizia tra un fotografo della rivista e James Dean, Steve Jobs, con la candidatura al Oscar per Michael Fassbender, L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo, con un bravissimo Bryan Cranston anche lui in corsa per la statuetta, e l’opera realizzata da James Ponsoldt, qui al suo terzo lungometraggio dopo Smashed (2012), proposto in Italia al Festival di Torino, e The Spectacular Now (2013), salvo errori mai presentato in Italia.

The End of the Tour è un film molto curato nella resa storica dei fatti narrati e basa tutta la sua forza narrativa sul dialogo tra due uomini che in cinque giorni si studiano, diventano amici ma, nello stesso tempo, continuano a diffidare uno del altro: l’intervistato, trentaquattrenne scrittore di successo, e l’intervistatore, anche lui scrittore che per arrotondare fa interviste per la rivista cult Rolling Stone.

David Foster Wallace è ritenuto una delle figure più importanti che abbia espresso negli ultimi trent’anni la letteratura americana. Ha scritto libri come La ragazza dai capelli strani, Una cosa divertente che non farò maiInfinite Jest,  opera di 1281 pagine pubblicata in Italia da Einaudi, ambientata nella Boston dell’anno successivo – alla base dell’intervista riprodotta nel film avvenuta nel 1996 subito dopo la pubblicazione del edizione statunitense del libro.

David Lipsky credeva molto in questo lavoro, si era ben documentato e trascorse cinque giorni ininterrotti al suo fianco, viaggiando con lui per centinaia di chilometri, assistendo alle lezioni del suo corso di scrittura ma anche a tutti quegli incontri con i lettori che permettevano di vendere più copie del libro. Erano gli ultimi impegni fissati dal suo agente e lui non desiderava altro che potere tornare a casa dai suoi cani.

Tra i due si sviluppò una conversazione mai occasionale in cui Wallace si aprì in maniera completa tanto da accettare anche di parlare dei presunti problemi di droga che avrebbe avuto e che lui negava; altro tema difficile la depressione che lui credeva di tenere sotto controllo bevendo alcool e che nel 2008 lo portò al suicidio nel garage di casa sua.

Ma non solo quello. Parlarono di politica, letteratura, musica, cinema andando anche in un multiplex ad assistere ad un film assieme a due amiche dello scrittore; e poi, anche della sua dipendenza dalla televisione che condizionava ogni momento della sua vita.

The End of the Tour è un film di attori in cui tutto è basato sulle espressioni dei volti, sui bei dialoghi con lo sfondo di un Minnesota soffocato da una coltre di neve che copre ogni cosa.
James Ponsoldt ha creato un road movie in cui trasforma le auto utilizzate in ipotetici lettini da psicoanalisti su cui confessarsi. Peccato che la verbosità non sempre si trasformi in chiarezza su quanto detto per cercare di capire meglio i due personaggi spesso più interessanti per il modo in cui sono inquadrati che non per quello che riescono a trasmettere allo spettatore. La perfetta coesione tra pagina scritta e film a volte penalizza quest’ultimo, perfetto nelle ricostruzioni ma privo di effettiva emozionalità.

Formalmente riuscita la contaminazione tra i due ruoli. A un certo punto, infatti, è difficile intendere chi sia l’intervistato e l’intervistatore. Wallace vede questa lunga chiacchierata come la sua possibilità di raccontare finalmente quali siano i suoi turbamenti, le speranze, le delusioni, la voglia di fare, l’incapacità di avere una vita soddisfacente, il desiderio di essere uomo normale.

Dall’altro lato Lipsky vive un forte disagio nei confronti di un collega più famoso di lui – ha appena pubblicato il suo primo vero libro – che stima, invidia, ama, odia, vuole per amico, teme. Fa di tutto per raccontare a lui la sua vita, lo fa parlare con la propria fidanzata, vorrebbe che si invertissero le parti e fosse lui ad essere intervistato.

Nell’incontro e scontro di queste due uomini con personalità differenti uniti da insicurezze e una malcelata tristezza sta il fulcro di un’opera che ha portato sullo schermo tutto quanto era contenuto nel libro scritto dallo stesso intervistatore. Così facendo, si vivono i suoi dubbi, il desiderio di portare a casa l’intervista per poter terminare questo incontro con un uomo gentilissimo, quasi arrendevole, che lo fa sentire nonostante tutto inferiore. Li dividono quattro anni e il successo enorme, li uniscono il desiderio di trovare qualcuno con cui sfogarsi.

Jason Segel, quarantacinquenne californiano con alle spalle non memorabili commedie e noto soprattutto per A casa con Jeff (Jeff, Who Lives at Home, 2011) diretto dai fratelli Duplass, recita in maniera naturale e dona buona umanità a Wallace.

Jesse Eisenberg, trentatreene newyorkese dalla faccia di eterno ragazzino, è conosciuto soprattutto per il premiatissimo The Social Network (2010) di Mark Zuckerberg per cui è stato candidato al Oscar. La sua prova è più che buona, donando al suo personaggio tensioni, insicurezze, scatti d’ira, momenti di serenità.

La bella intervista, contenuta nel libro Although of Course You End Up Becoming Yourself pubblicato negli Usa nel 2010 e nello stesso anno proposto anche in Italia col titolo Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta, per un grave errore della redazione di Rolling Stones non venne pubblicata. Nel 2009, un anno dopo il suicidio dello scrittore, ne venne pubblicato un estratto senza dare importanza a questo incredibile documento per cercare di capire Wallace.

Trama

Lo scrittore e giornalista di Rolling Stones David Lipsky accompagna David Foster Wallace, la “rock star della scrittura”, nel tour promozionale di Infinite Jest, il libro che lo ha consacrato come una delle menti più straordinarie della storia contemporanea. Tra i due diffidenza, amicizia, desiderio di confessarsi, timore.


di Redazione
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