The Danish Girl

Lili Elbe, prima transgender della storia, è stata una figura davvero rivoluzionaria. Non necessariamente trasgressiva, perché ha compiuto le sue scelte non guidata dal desiderio di stupire o infrangere le regole, ma perché animata da un profondo bisogno interiore, dalla necessità di assomigliare davvero a se stessa; ma certamente si è trattato di un personaggio unico e capace di segnare un punto di non ritorno. The Danis Girl, il film che racconta la sua storia (dirige Tom Hooper, regista del Discorso del re e del musical Les misérables), è al contrario incredibilmente convenzionale, a tratti persino banale e con un debole sviluppo drammaturgico. La presa di coscienza del giovane pittore Einar, che paradossalmente grazie allo sguardo artistico della moglie comincia a sentirsi dentro e fuori come l’attraente donna Lili, è affrontata con una certa superficialità, con un andamento più meccanico che autentico e profondo. Lili emerge piano piano dalla personalità di Einar quasi per caso e specialmente all’inizio appare una specie di alter ego capriccioso e tutto esteriore. Quando Einar-Lili prende la decisione di affrontare la rischiosa operazione del cambio di sesso allora è più tangibile il suo dolore, il suo coraggio, la volontà di purezza e di assoluto che animano il suo percorso.
Il filo conduttore del film è peraltro, più che la trasformazione di Einar in Lili, il suo rapporto con la moglie Gerda, pittrice di talento, intelligente, coraggiosa, anticonformista. Gerda appoggia la scelta di suo marito, anche se questo le costa molta sofferenza. La relazione fra i due è raccontata con una certa ripetitività: lei combattuta tra il dolore per uomo per la progressiva perdita dell’uomo che ha sposato e la volontà di rimanergli comunque accanto, lui sempre più deciso a cambiare, a volte gelido, comunque sempre fragile e e bisognoso di attenzioni. Eddie Redmanyne, vincitore dell’Oscar nel 2015 per La teoria del tutto (dove interpretava lo scienziato Stephen Hawking), è incredibilmente bravo ed è canditato alla statuetta come migliore attore protagonista anche quest’anno. L’attrice svedese Alicia Vikander, che ha la parte meno caratterizzata e quindi più difficile di Gerda, è forse ancora più brava e anche lei potrebbe conquistare un Oscar (come non protagonista, il che non rende giustizia al peso che ha nel film). Ma bastano due attori superlativi a fare un buon film? In questo caso, almeno, no. The Danish Girl è un film corretto, storicamente interessante, mediamente coinvolgente, ma rappresenta un’occasione mancata. Ci sarebbe voluto più coraggio, più spirito visionario, per portare degnamente sullo schermo l’incredibile avventura umana di Lili Elbe (non basta una pur convincente scena di nudo davanti allo specchio per dimostrare autentica audacia). Qui, al di là delle eccellente interpretazioni, ci sono alcuni momenti indovinati, stupende scenografie, bei costumi, ambientazione elegante e internazionale fra la Danimarca, Parigi e Dresda, una fotografia curata ma un po’ troppo da cartolina. E un dolore un po’ troppo addomesticato.
TRAMA
Nella Copenhagen degli anni Venti, il pittore Einar Wegener sente cambiare la propria identità sessuale, dopo che la moglie Gerda lo ha ritratto in abiti femminili. Einar si sente una donna imprigionata nel corpo di un uomo e si riconosce sempre di più nel nome e negli abiti di Lili Elbe. Sarà la prima persona nella storia ad affrontare nel 1930 a Dresda un intervento chirurgico per il cambio di sesso e avrà sempre accanto, pur tra dolore e difficoltà, la moglie Gerda.
di Anna Parodi