The Vourdalak
La recensione di The Vouordalak, di Adrien Beau, presentato alla SIC 2023.

Il marchese di Urfé, emissario del re di Francia, vaga nella foresta dopo essere stato derubato di tutto: ottiene rifugio e la promessa di un cavallo da una strana famiglia il cui patriarca, il vecchio Gorcha, è partito per combattere i turchi, promettendo di tornare di lì a sei giorni. E il vecchio in effetti torna…
Tratto da un racconto di Aleksej Tolstoj – già portato sullo schermo da Mario Bava in uno dei capitoli di I tre volti della paura – The Vourdalak è un film di vampiri il cui orrore Adrien Beau preferisce congelare in uno spettrale congegno scenico, esaltato dalle pastose cromie dell’immagine in Super 16. L’elemento fantastico, la cupa atmosfera, le suggestioni visionarie si nutrono di un vago tono beffardo, che trasfigura la tensione drammatica tra i personaggi in raffinato gioco teatrale.
Perché non l’effetto terrorizzante sembra interessare il regista, quanto l’implicazione metaforica di un racconto in cui la casa familiare è vista come scenario simbolico di un gioco al massacro che si alimenta tra i suoi stessi componenti, un nido che non concede riparo, ma che si fa ricettacolo di malefiche influenze esterne che propagano malessere e morte tra le mura domestiche. E dove, nell’assenza cruciale della madre, il padre non si fa difensore, ma contaminatore dello spazio sacro.
Beau riesce ad armonizzare l’elegante distacco della rigorosissima messa in scena con un’ironia che serpeggia, sotterranea, nello statico constatare le gesta di un mostro-marionetta e nell’implicito alludere al tabù sessuale, tra squarci lirici, momenti musicali, fantasmatiche incursioni nell’onirico. Con l’estetica grave e il compassato equilibrio di forme di un Albert Serra, Beau eleva il ricercato manierismo del quadretto settecentesco ad avventura interiore ed esperienza mentale. Un debutto notevole nel lungo che dice di un regista dalle idee chiarissime.

di Luca Pacilio