The return (Il ritorno)

Wen è un detenuto politico che viene rilasciato dopo molti anni di prigionia. Arrestato come presunto comunista, torna a casa, ormai anziano, ma fatica a ritrovare un rapporto con i figli. Camminando per la città, Wen vede la sua patria trasformata in una metropoli scintillante: oramai ha l’animo in pace circa la sua lunga detenzione senza processo ed è pronto ad andare avanti. Ma passato e presente si scontreranno, e circostanze impreviste faranno prendere al suo viaggio una piega tragica.

Il ritorno a casa dopo la scarcerazione è un tema così frequentato dal cinema da costituire quasi un genere a parte. Uscire di prigione dopo quasi mezzo secolo significa però scoprire un mondo completamente cambiato. Il protagonista Lim Soon Wen, che ha trascorso gran parte della sua esistenza recluso perché accusato di comunismo, ritrova i figli, abbandonati da bambini, ora nel pieno dell’età adulta. Osserva e perlustra una città-stato insulare che fatica a riconoscere. Un film composto, asciutto e toccante, con eleganti colpi di regia nei momenti cruciali. Le tracce lasciate nella vita di un essere umano sono come macchie d’inchiostro, quelle che sottolineano le svolte di una vicenda piccola e grande, che evoca e contiene mezzo secolo della storia di Singapore.

Green Zeng è un artista multi-disciplinare la cui opera spazia fra cinema, arti visive e teatro. Ha diretto diversi cortometraggi, inclusi Blackboard Whiteshoes, presentato a Cannes nel 2006, e Passenger, vincitore nello stesso anno dell’Encouragement Prize all’Akira Kurosawa Memorial Short Film Competition di Tokyo. È direttore creativo della casa di produzione Mirtillo Films e ha diretto film per la tv e video aziendali. The Return è il suo primo lungometraggio.

La recensione di Mariella Cruciani


di Redazione
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