Sarah joue un loup garou – 32SIC

Film tutto dalla parte della protagonista, ma senza l’ombra di una soggettiva, rimesta le suggestioni letterario-adolescenziali della
Liebestod (morte d’a more), richiamata dallo Shakespeare di
Romeo e Giulietta e dal Tristano e Isotta wagneriano. La Mou chette di Bresson, pur evocata, rimane lontanissima: i funerei palpiti di Sarah sono romantici e moderni.
Suggestionata dalle vetrate della cattedrale di san Nicola, con santa Barbara martirizzata dal padre davanti alla folla, la ragazza propone al laboratorio teatrale una fantasia su un torturatore e una torturata,
asserendo che “la tortura d’oggi è essere osservati e giudicati” e chiamando quindi il pubblico a partecipare al supplizio. Spira aria di azzardo e di proibito, e non tutti sono preparati: la sua amica Alice, che pure legge in tram i racconti osceni ( Das Obszöne Werk) di Georges Bataille, non è in grado di regge re sul palcoscenico l’intensità di dolore e violenza messa in scena da Sarah.
Ma la caratteristica singolare del film, quella che individua una voce chiara e originale nel cinema elvetico, è il fatto che maneggia temi esplosivi con un approccio delicato, mai apertamente “scandaloso”, giocando su piccoli slittamenti. Apre con un’inquadratura che (si scoprirà) appartiene in realtà al finale, chiudendo tutto il film in un flashback subliminale.
Alberto Anile (estratto dal catalogo della 32.Settimana Internazionale della Critica)

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Il desiderio d’infinito di una giovane donna tesa fra l’assoluto di Shakespeare e il mito della wagneriana morte per amore. Un mondo dove il teatro s’intreccia con i battiti del cuore e la tentazione romantica del suicidio. Attraverso una costruzione visiva nervosa ed elegante, fra interni borghesi e spazi mentali, il sogno di una rivolta inevitabile.

Sinossi

Sul palco la diciassettenne Sarah dà tutta se stessa. Quando si esibisce c’è un attimo in cui sembra trasformarsi completamente nel personaggio che interpreta. Cosa si nasconde dietro una presenza scenica così radicale? Un segreto oscuro che tenta di esprimere. Un ambiente familiare claustrofobico. Il bisogno di avere accanto a sé un fidanzato, un amico, qualcuno in cui confidare. Più il desiderio si fa forte, più Sarah rischia di allontanare le persone che tentano di starle vicino. Alcuni giorni nella vita di una ribelle e la sua lotta incessante per sfuggire alla solitudine.

Katharina Wyss (1979), dopo un Master in Cinema e Filosofia a Parigi e Berlino ha studiato regia alla Deutsche Film- und Fernsehakademie della capitale tedesca. Ha scritto, diretto e prodotto alcuni cortometraggi e spot pubblicitari. Sarah joue un loup garou è il suo primo lungometraggio.


di Alberto Anile - Settimana Internazionale della Critica
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