Đập cánh giữa không trung (Flapping in the Middle of Nowhere/Agitarsi nel mezzo del nulla)

L’adolescente Huyen rimane incinta di un giovane balordo ed è costretta a prostituirsi per mettere da parte i soldi necessari per un aborto. Ironia della sorte, l’unico cliente disposto a pagarla è un uomo ossessionato dalle donne in gravidanza. Ma la situazione diventa sempre più complicata, perché l’uomo rende Huyen talmente felice che lei quasi dimentica che un bimbo sta crescendo dentro di lei ogni giorno di più.

Per la sua opera prima, Nguyễn Hoàng Điệp ha scelto di descrivere un’umanità ai margini che cerca di sopravvivere in una città, Hanoi, colta nel suo caos quotidiano. La regista vietnamita narra la precarietà delle relazioni, la difficoltà e le conseguenze delle scelte, l’ossessione per il sesso, inserendo nel crudo realismo delle situazioni toni da cinema di genere, dal melodramma all’horror. Flapping in the Middle of Nowhere, nel mostrare il dramma di una giovane donna incinta che vorrebbe abortire ma non possiede il denaro necessario, è un film che esplora con profonda tensione visuale la mutazione dei corpi, elaborando un originale discorso sulla condizione sessuale.

Nguyễn Hoàng Điệp è nata nel 1982 ed è una delle personalità di spicco del cinema indipendente vietnamita. Ha diretto diversi cortometraggi e documentari. Nel 2008 ha fondato VBLOCK Media, casa di produzione indipendente specializzata in film d’autore e progetti sperimentali, con cui ha prodotto Bi, Don’t Be Afraid (2009) di Phan Dang Di, pluripremiato nei festival internazionali. Dal 2010 al 2013 ha lavorato alla realizzazione della sua opera prima, Flapping in the Middle of Nowhere, che ha goduto dell’appoggio di numerosi fondi internazionali.

NOTE CRITICHE di Mariella Cruciani

Commentando il poetico titolo della sua opera prima, Agitarsi nel mezzo del nulla, la giovane cineasta vietnamita Nguyen Hoang  ha precisato con forza che non si tratta di un “nulla” metafisico ma  di luoghi reali della caotica Hanoi e ha ribadito che il film, anche se ha un versante onirico, parla della realtà. In effetti, i luoghi e i rumori hanno un ruolo predominante in questa inquietante pellicola: i primi, marginali ed oscuri, aderiscono perfettamente ai caratteri dei personaggi, i secondi prendono il sopravvento sulle parole che, coperte, restano appese. Se è vero che il traffico, le macchine, il caos e il degrado sembrano avere la meglio sull’umanità, bisogna aggiungere che, nonostante tutto, la protagonista del film, Huyen (Nguyen Thuy Anh), riesce a conservare intatta la sua sensibilità. Huyen è un’adolescente incinta che vorrebbe abortire ma non ha i soldi per farlo: decide, infine, di prostituirsi per racimolare il denaro e si imbatte in un uomo ossessionato dalle donne in gravidanza. La situazione si complica perché l’uomo rende Huyen così felice da farle quasi dimenticare il bimbo che sta crescendo dentro di lei. Attraverso l’”eroina” della  storia, la regista offre un quadro spietato della società del suo paese ma, nello stesso tempo, invita anche a riflettere sui personaggi e sulle loro scelte esistenziali.

E’ chiaro, guardando il film, che Nguyen Hoang solidarizza totalmente con Huyen, sola e in difficoltà, adottandone lo sguardo delicato e, a suo modo, determinato. E’, probabilmente, da cercare nell’ identificazione tra regista e personaggio la chiave di questa complessa pellicola, “girata nella stagione dell’immaginario e del femminile” . A questo aspetto ha fatto riferimento, durante l’incontro con il pubblico, anche l’attore del film, dicendo di non aver mai lavorato prima con una regista donna e di essere rimasto colpito, oltre che dal talento, dal suo punto di vista (“Ha raccontato la storia in modo diverso da come avrebbe fatto un uomo!”).

A conferma dell’importanza di tutto ciò, la stessa cineasta ha raccontato una leggenda del suo paese: si racconta che una fata sposò un dragone e dall’unione nacquero  cento uomini, cinquanta seguirono il padre, cinquanta seguirono la madre. “La figlia dov’è?” – si è chiesta la regista. Agitarsi nel mezzo del nulla è, quindi, il tentativo di rispondere alla domanda posta dal mito e di cercare, nella realtà, le tracce di quella figlia dimenticata. Una ricerca difficile, come tutte le ricerche interiori, ma coraggiosa e necessaria, condotta con verità e  in bilico tra melodramma ed horror, come è spesso la vita, quando non ci sorride.

(Mariella Cruciani)


di Redazione
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