Återträffen (The Reunion/La riunione)

Una riunione di ex-compagni di scuola: vent’anni sono trascorsi dalla fine degli studi. Anna Odell, nei panni di se stessa, arriva tardi a quella simpatica cena. Ma le sue parole e accuse sono di fuoco. Contro il bullismo, le gerarchie, le sopraffazioni, le aggressioni, nel ricordo di un periodo doloroso in cui era sistematicamente evitata da tutti. Sarà di nuovo estromessa dal gruppo. Le questioni aperte sono: paura, identità, appartenenza, giustizia. Ma soprattutto, la verità. Per arrivarci, tutto cambia, perché il film diventa un altro film. In una finzione al quadrato, Anna vuole col secondo spiegare le ragioni del primo.

Mettiamola così: il film che vedete non è il film che vedrete. Anna Odell chiede una certa disciplina emozionale congiuntamente alla curiosità cinematografica per questo suo tentativo di estrema intelligenza psicologica. Partiamo dalla fine, esemplare, bellissima: sul tetto con lei guardiamo altri tetti, e poi i viali alberati e le piazze e gli edifici, vestigia della società, della città e della natura. Lì dentro è avvenuta la riunione dei compagni di scuola: nove anni hanno trascorso insieme in classe, vent’anni abbastanza separati nella vita. Fatti spiacevoli si annidano. La stessa Anna dice di se stessa: “Qualcosa non funziona dentro di me, e come tutti voi anch’io volevo evitare Anna Odell”. Perché? Attenzione: questa volta Festen e i suoi derivati non c’entrano. The Reunion non è una confessione collettiva con la conseguente assunzione di torbide responsabilità. A 37 minuti e 57 secondi dall’inizio, Anna ci spinge dentro un altro film. Tutto quello che è stato prima, non è tutto quello che è adesso. E lei riprende il gioco da una diversa prospettiva. Il caos con cui si chiude la sezione 1 viene investigato nella sezione 2. La finzione di entrambe serve ad anestetizzare forse il dolore, non la verità di Anna. E le conseguenze che si porta dietro e dentro. Anche noi.

Anna Odell, nata nel 1973, ha studiato in due delle più prestigiose scuole svedesi: il University College of Arts, Craft and Design e il Royal Institute of Art. Unknown Woman è il suo lavoro di diploma ed è stato presentato diffusamente in Scandinavia e a Parigi nel maggio 2013. Återträffen è il suo film d’esordio e le speculazioni sul suo contenuto hanno attirato una considerevole attenzione già prima della presentazione del film.

Note critiche di Mariella Cruciani

“Sarebbe come se io oggi mi mettessi a litigare con Massimo De Blasiis, compagno di seconda media, perché mi fregava la pagnottella”: con questa battuta, ironica ma non troppo, Stefano Disegni ha commentato, nella sua striscia quotidiana, il film Atertraffen dell’artista/performer svedese Anna Odell. Bisogna ammettere, onestamente, che il simpatico Disegni non ha tutti i torti e che risulta difficile comprendere le motivazioni di un’opera personalissima, ma regressiva, come questa. Il film, diviso in due parti, inizia con una riunione di classe, venti anni anni dopo la maturità, in cui la Odell esplora quello che sarebbe potuto accadere se fosse stata invitata. L’artista svedese interpreta se stessa mentre degli attori assumono i ruoli dei suoi ex-compagni di classe. La Odell, nel ruolo di se stessa, accusa senza mezzi termini i vecchia amici (?) di averle rovinato l’adolescenza, emarginandola e maltrattandola. Nella seconda parte della pellicola, si scopre che ciò che abbiamo visto finora è solo una messa in scena: adesso, però, la regista telefona agli autentici compagni di classe per guardare insieme il girato e per discutere apertamente del loro passato in comune.

Prima della proiezione veneziana, il critico Luca Pellegrini, introducendo il film, ha citato “Il ballo in maschera” di Verdi e, precisamente, il primo atto in cui il personaggio di Riccardo si chiede: “E’ scherzo o follia fatta profezia?”. E’ davvero difficile rispondere, se adattiamo la domanda al film. Va detto che la Odell non è nuova a provocazioni e che in Svezia ha suscitato un gran clamore e un acceso dibattito un suo progetto artistico in cui ha rimesso in scena un episodio psicotico accadutogli dieci anni prima. Si sarà compreso, a questo punto, che il motivo centrale di interesse, o meno, del film è costituito dalla psicologia della regista che, tra l’altro, ha dichiarato: “Adesso, dopo questo lavoro, non sento più il bisogno di essere vista da queste persone”. La disposizione d’animo della Odell verso gli ex-compagni, disprezzati ma, al contempo, desiderati, può essere sintetizzata da una frase che Tonio Kroger, alter-ego di T. Mann, pronuncia nell’omonimo racconto: “Il normale, la decenza, l’amabilità, questo è il regno del nostro desiderio: la vita nella sua seducente banalità!”.

Al di là del contenuto, privatissimo e fin troppo intimo, va riconosciuto all’artista svedese di aver dato alle sue ossessioni una costruzione originale, con una prima parte quasi teatrale e con una seconda più strettamente cinematografica. Bello, poi, il finale: sul tetto della scuola, con la Odell, osserviamo, finalmente da lontano, una realtà apparentemente linda e accogliente ma, spesso, falsa, aggressiva, violenta. “Volevo mostrare che la vita va avanti, nonostante tutto” – ha chiosato l’inquieta(nte) regista.

(Mariella Cruciani)


di Redazione
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