SIC 2015 – Orphans (Special Award)

Rivisto a distanza di quasi venti anni, Orphans (1998) di Peter Mullan – premiato come migliore opera prima presentata dalla Sic nel corso di un trentennio – conserva intatte la forza e la potenza visiva che spinsero i selezionatori dell’epoca ad inserirlo nel programma. Andrea Martini, delegato generale della commissione del 1998, ha commentato: “Il film di Mullan aveva una carica espressiva non usuale per le opere prime, spesso debordanti o, al contrario, troppo trattenute”.
In effetti, Orphans stupiva, e stupisce ancora, per la sua “classicità”, inconsueta per un esordio, tanto più se si considera che la cifra stilistica del film è l’ “eccesso”. Per raccontare le tragicomiche vicende di quattro fratelli ( Thomas, Michael, Sheila e John),riuniti nella casa di famiglia, a Glasgow, per preparare il funerale della madre, Mullan sceglie, infatti, di esasperare toni e situazioni, mettendo in scena un universo surreale, folle e impaurito.
I fratelli, ma anche i personaggi minori del film (vd. la vecchietta che non vuole far usare a Sheila la sua rampa), sono violenti, furiosi: è come se la razionalità fosse esplosa, facendo regredire tutti ad una fase infantile. Restando orfani, si torna bambini e, di fronte al distacco, si reagisce con il rifiuto e la rabbia. Privati dell’oggetto amato, si perdono coordinate e punti di riferimento: il mondo va in frantumi, come la statua della Madonna – la Madre – che, significativamente, Thomas si ostina a ricostruire.
Dei quattro fratelli, è proprio lui, il maggiore, a negare totalmente la realtà e a chiudersi in se stesso: Michael, John e persino Sheila, con la sua sedia a rotelle, conservano, nonostante tutto, una vitalità possente e quasi oltraggiosa, anche se senza direzione.
Il film, scritto e diretto da Mullan cinque anni dopo la morte della madre, è – anche se in maniera indiretta – autobiografico ma può essere letto anche in chiave politica. In questo caso, i fratelli rappresenterebbero la Scozia odierna, lasciata alla mercé del libero mercato, senza alcuna protezione sociale e la madre morta incarnerebbe il socialismo, un valore per cui si è combattuto invano.
Al di là dell’interpretazione che si vorrà dare, Orphans riesce a rendere, con rara efficacia, il dolore dell’assenza e della disillusione nonché i vari modi, aggressivi e incontrollati, con cui si cerca di reagire. I quattro fratelli di Glasgow assomigliano, nella sostanza, ad eroi beckettiani, sopravvissuti ad un’immane catastrofe e costretti, loro malgrado, a reinventarsi un qualche Senso (“Anche noi saremo trasformati”, recita un passo della Messa funebre). Una tematica impegnativa per un’opera prima ma non per un autore capace, di lì a quattro anni, di conquistare il Leone d’Oro con Magdalene (2002)!
di Mariella Cruciani