Si alza il vento

La recensione di Si alza il vento, di Hayao Miyazaki, a cura di Boris Schumacher.

“Si alza il vento, bisogna tentare di vivere”  (Paul Valéry)

A dieci anni dalla sua uscita, Si alza il vento torna al cinema dal 24 al 30 agosto, distribuito sempre da Lucky Red, all’interno della rassegna Un mondo di sogni animati che questa estate ha riportato sul grande schermo cinque titoli di Hayao Miyazaki. Nel 2013 il film era stato annunciato come l’ultima regia del maestro giapponese che – fortunatamente per noi – ha poi cambiato idea realizzando The Boy and the heron (conosciuto anche come How do you live?), uscito a metà luglio in Giappone dove ha già registrato numeri da record al botteghino.

Tratto dal manga omonimo realizzato dallo stesso Miyazaki, Si alza il vento ruota attorno alla figura di Jirō Horikoshi, ingegnere aeronautico noto per aver progettato i caccia zero, gli aerei da guerra giapponesi divenuti tristemente famosi nel corso della Seconda guerra mondiale per l’attacco a Pearl Harbor e per le missioni suicide dei kamikaze. 

Non poteva che essere incentrata sulla passione-ossessione per il volo quella che sarebbe dovuta essere l’ultima opera diretta dal maestro giapponese, prezioso lascito artistico di una carriera lunga oltre mezzo secolo e costellata da innumerevoli capolavori. L’amore per gli aerei è sempre stato uno  dei temi centrali, portanti e autobiografici – in quanto figlio di un ingegnere aeronautico – della sua poetica. Sorge dunque spontanea e immediata l’identificazione di Miyazaki con Jirō Horikoshi in questo biopic animato che si apre con una splendida sequenza onirica in cui vediamo il protagonista ancora bambino in volo su paesaggi naturali ed incontaminati che un attimo dopo vengono oscurati e minacciati da una pioggia di ordigni sganciati da un immenso bombardiere. Dall’iniziale spensieratezza si scivola in cupi presagi di guerra e di sventura, elementi ricorrenti nel corso del film, così come i sogni del protagonista dove ritorna più volte la figura di Giovanni Caproni, ingegnere aeronautico tra i pionieri dell’aviazione italiana, famoso per aver progettato alcuni bombardieri usati durante il Primo conflitto mondiale.

Modello e mentore di Jirō al punto da popolarne i sogni con i suoi consigli e i suoi moniti, avvertendolo che il sogno di un uomo di volare sarà considerato come una maledizione, poiché l’areo diventerà famoso per le uccisioni e la distruzione. Più avanti il conte Caproni confida al giovane “discepolo” che dieci anni di vita creativa per un artista e progettista sono sufficienti e di voler vivere un decennio per se stesso. Impossibile non cogliere nelle parole dell’ingegnere italiano un esplicito e lampante riferimento allo stesso Miyazaki che per nostra fortuna ha avuto una vita artistica ben più longeva di una sola decade ma al contempo è stato più volte tentato da lasciare la sua professione per ritirarsi a vita privata.

Fatta eccezione per gli inserti onirici, l’architettura del film si presenta piuttosto diversa rispetto ai precedenti lavori di Miyazaki, più ancorata alla realtà nel seguire la crescita di Jirō, uno dei migliori personaggi maschili della sua filmografia, da ragazzino col sogno degli aerei a brillante studente universitario fino ad essere assunto come ingegnere presso gli stabilimenti aeronautici della Mitsubishi, dove darà prova del suo grande talento. A causa di questa spiccata impronta realistica e del suo essere un accurato affresco storico (e sentimentale), Si alza il vento è rivolto principalmente al pubblico adulto. Gli innumerevoli riferimenti alla progettazione dei velivoli, all’incredibile sforzo e alla tenacia di un paese come il Giappone, ancora povero e arretrato da un punto di vista tecnologico per colmare il divario ed essere competitivo con nazioni come Germania e Stati Uniti, potrebbero risultare alquanto ostici e respingenti per gli spettatori più piccoli.

Accanto al tema del volo, nella seconda parte dell’opera si sviluppa anche quello sentimentale, con la delicata e toccante storia d’amore tra Jirō e Nahoko, conosciuta ancora giovanissima durante un viaggio in treno verso Tokyo poco prima del terribile terremoto di Kanto del 1923. Rincontratisi casualmente qualche anno dopo, in occasione di una vacanza in montagna, tra i due affiora un sentimento tenero e profondo, ostacolato dalle precarie condizioni di salute della ragazza, afflitta da una grave forma di tubercolosi. È il vento a giocare un ruolo fondamentale nella loro storia, “galeotto” nel farli prima conoscere e poi nuovamente incontrare e innamorare, protagonista tra l’altro di una delle scene più belle e trascinanti – dalla comicità quasi slapstick – coi due giovani impegnati a giocare con un aeroplanino di carta. Sono questi i momenti di maggior serenità del film, impreziositi da vedute e paesaggi incantati, da sempre cari a Miyazaki, con una natura talmente bella e aggraziata da togliere il fiato. Le splendide e ispirate musiche del sodale Joe Hisaishi rimandano a un piccolo mondo antico ormai scomparso, trasmettono calore e tranquillità e contribuiscono a rendere sublimi e indimenticabili diverse scene di Si alza il vento. Un film che si fa lieve nel tratteggiare i pochi, preziosi, istanti d’intimità domestica dei due innamorati, con un finale malinconico e commovente in cui emerge con forza la condanna di tutte le guerre, dove gli aerei vengono utilizzati come strumenti di morte e distruzione. Nell’epilogo, emozionate e struggente, a conferma dell’estrema sensibilità artistica e dell’incredibile profondità d’animo e di spirito del suo autore, ritorna protagonista il vento che, alzandosi, sprona chi è rimasto a farsi forza e ad andare avanti.

nsione

di Boris Schumacher
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