Romeo è Giulietta

La recensione di Romeo è Giulietta, di Giovanni Veronesi, a cura di Francesco Di Brigida.

Cosa succederebbe se un’attrice in un momento difficile della sua carriera si fingesse un uomo pur di entrare nello spettacolo di un importante regista teatrale? È quel che accade a Giulia, il nuovo personaggio di Pilar Fogliati. Insieme a Giovanni Veronesi e Nicola Baldoni ha scritto la sceneggiatura e Veronesi ha diretto questa commedia dei travestimenti che a molti fa pensare a Shakespeare in Love, ma in realtà potremmo definire Romeo è Giulietta come un piccolo Tootsie all’italiana. E non è dispregiativo, anzi, perché Tootsie è un capolavoro assoluto della commedia americana anni ’80. Il nuovo film di Veronesi non è a questi livelli d’immortalità, ma se la cava molto bene. Riesce a mettere insieme un cast importante e variegato e ogni caratterizzazione, mai scontata né sovraccarica, regala momenti di buon umore, risate e riflessioni.

C’è il gradito ritorno di Domenico Diele, che fa il fidanzato di Fogliati anche lui attore e innamoratissimo, Geppi Cucciari invece copre il ruolo della truccatrice complice di Giulia nella trasformazione in Otto, unica custode dell’identità segreta. Un po’ come Bill Murray con Dustin Hoffman sempre nella commedia di Pollack. C’è poi la coppia Sergio Castellitto – Maurizio Lombardi, il primo nei panni del temutissimo regista, il secondo in quelli del fedele assistente e fidanzato da 10 anni. Il loro duo ritrae dinamiche di dipendenza affettiva e spietati ricatti emotivi di estrema modernità, e chiameranno anche molte risate a denti stretti. Poi c’è Margherita Buy, che nella parte di nonna saggia riesce a toccare facilmente il cuore dello spettatore. E pure Alessandro Haber, in un cameo da produttore un po’ in balia dell’ego del suo regista offre la sua spalla sapiente a questa commedia brillante.

Veronesi, orfano del suo fratello artistico Francesco Nuti, come ha lui stesso affermato col cuore in mano, vuol esser cattivo ed esplorare le ragioni di chi ha torto. E quindi del personaggio di Fogliati. L’anima da Lucignolo non gli manca, e per questo insieme ai suoi colleghi di penna struttura dei bei twist. Inoltre prende a tiro le difficoltà dei trentenni a trovare una strada, una stabilità nella vita. Segna infatti una linea tra “l’andare a fondo e l’andare fino in fondo”. Tema che in fin dai conti ha trattato in radio e in altri suoi film.

Anche come seconda collaborazione con Fogliati funziona tutto, dal ritmo alla riuscita. Difetti? A volte lo scorrimento delle vicende si fa troppo liscio in vista del twist, in modo che non ci si arrivi con la dovuta tensione. Non è un capolavoro come Tootsie, lo dicevamo da prima. Ma ci piace molto e piacerà anche al pubblico. Chissà che non diventi un oggetto da remake internazionali. Struttura, caratteri e intrecci potrebbero prestarsi bene.   


di Francesco Di Brigida
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