Riabbracciare Parigi
La recensione di Riabbracciare Parigi, di Alice Winocour, a cura di Mariangela Di Natale.
Un viaggio nella memoria per ritrovare una possibile felicità. Riabbracciare Parigi, di Alice Winocour, (con Virginie Efira e Benoît Magimel nelle sale italiane il 9 novembre distribuita da Movies Inspired) è un dramma introspettivo , crudo e diretto, che tenta di mettere ordine nel caos di una donna. Scampata all’attentato terroristico del 13 novembre 2015 in una brasserie di Parigi, Mia (Virginie Efira), che vive e lavora a Parigi in radio come traduttrice dal russo, conseguentemente allo shock dimentica i particolari di quel triste giorno. Nel tentativo di recuperare i ricordi di quella sera da lei rimossi e di ridare un senso alla sua vita, la giovane comincia a ricostruire gli attimi vissuti attraverso flashback, cercando in particolare un cuoco senegalese, Assane, con cui ha passato quelle tragiche ore.
La regista francese Alice Winocour riesce a narrare con una superba forza emotiva gli effetti traumatici post-attentato, come se portasse addosso i segni della tragedia. La condivisione con chi ha vissuto le stesse paure, grazie all’associazione dei superstiti, diviene un tassello fondamentale per ricostruire e ricominciare a vivere. Riabbracciare Parigi, selezionato alla Quinzaine des Rèalisateurs al festival di Cannes del 2022, titolo originale “Revoir Paris”(Rivedere Parigi) è il racconto interiore non solo nel recupero dei ricordi e del proprio equilibrio privato, ma anche nell’apertura a rivedere il mondo con una visione più ampia.
Un film di grande umanità, di ispirazione autobiografica (il fratello della regista è uno dei superstiti dell’attacco del Bataclan), che ripercorre le conseguenze di un evento traumatico nella speranza di rinascita e ritorno alla vita. Riabbracciare Parigi, sebbene riporti eventi realmente accaduti, non analizza il fatto politico o di cronaca, le fasi dell’attacco infatti appaiono confuse e sfocate, ma descrive dettagliatamente il dramma psicologico della protagonista e delle altre vittime sopravvissute. Il ritratto collettivo, pieno di dolore ma anche di amore attraverso un processo mentale di auto consapevolezza, che pur intimo diventa sociale.
di Mariangela Di Natale