Prometheus
Quando si parla tanto di un film prima che esca, normalmente non è un buon segno; si ha la sensazione si voglia creare aspettativa per un prodotto che, forse, ha poco da dire. Ma se il regista è Ridley Scott, se si tratta di un prequel di Alien con un cast di tutto rispetto, si spera che questa sensazione sia destituita di fondamento anche se le cose dette, ma anche successe, sono veramente troppe per non essere preoccupati.
Tre anni orsono la Fox, assieme ai fratelli Scott, annuncia un prequel della saga di Alien non diretto da Ridley ma da Carl Rinsch. La Casa di produzione non si fidava di un regista all’opera prima che portava come credenziali un corto di fantascienza e il possibile matrimonio con la figlia di Ridley, così convinsero il futuro suocero a dirigerlo lui stesso. Per sapere se la Fox ha sbagliato, bisognerà attendere il Natale del 2013 in cui dovrebbe uscire (ma la data è stata spostata parecchie volte) 47 Ronin, kolossal con Keanu Reeves diretto da Rinsch ambientato nel Giappone del 1700 con un gruppo di samurai rimasti senza padrone.
Sceneggiatura iniziale affidata a Jon Spaihts, ma dopo una decina di mesi spunta Damon Lindelof, uno dei padri di Lost, per una parziale riscrittura. Da questo momento, Alien sparisce come nome dal piano produttivo, sostituito da Prometheus di cui si annunciano almeno due puntate. Il timore che gli Scott abbiano sempre meno potere inizia a serpeggiare tra i fan i quali speravano realmente in un prequel classico che ‘spiegasse’ cosa era successo prima. Ma Ridley Scott, ormai sotto contratto, afferma che per lui è una gioia avere trovato la storia che cercava, di entrare nuovamente nell’universo della fantascienza con un film nuovo e sicuramente molto coinvolgente. Lui dice che sarà un solo titolo ma, intanto, è stato depositato il nome della seconda parte, probabilmente il prequel VERO di Alien.
Saltiamo tutta la parte produttiva di cui si è scritto un’enormità, ed arriviamo all’approssimarsi dell’uscita del film: il regista afferma che spontaneamente ha deciso di tagliare alcune scene per evitare il divieto USA dei 17 anni, che ha limitato il linguaggio e le scene troppo forti. In questa maniera vuole lasciare intendere che il film sarà a fosche tinte, con un linguaggio non sempre soft.
Ma veniamo alla visione del film: prima del titolo alcune splendide scene in cui il 3D dona magia, drammaticità ma anche una triste poesia e spettacolarità. Poi il film inizia a snocciolare citazioni auto referenti ma anche del Kubrick di 2001: Odissea nello spazio, a proporre scene tutto azione in cui l’interesse per quello che accade non è sempre altissimo. In pratica, si affida alla notevole bravura del regista, dei creatori degli effetti speciali, dell’ottimo lavoro nel montaggio fatto dal nostro pluripremiato Pietro Scalia: il resto alla produzione non interessa.
Può essere che sia già stata scritta la sceneggiatura della seconda parte che stupirà con trovate notevoli, che sarà finalmente in grado di spiegarci perché Alien abbia raccontato quella storia, ma qui si ha l’impressione di assistere ad un discreto lavoro ma di assoluto intrattenimento e privo dei più elementari ingredienti atti a considerarlo un film interessante, da ricordare.
Al pubblico non viene lasciata la possibilità di immaginare, ogni cosa viene detta e manca quel senso di suspense indispensabile per un film di questo tipo. Non esiste un colpo di scena, tutto è prevedibile, ogni situazione è fin troppo logica per potere creare la sorpresa. Ma se valutiamo il valore della sceneggiatura, molti sono i dubbi.
Il personaggio della dottoressa Elizabeth Shaw (una poco convinta e convincente Noomi Rapace) è assolutamente mal scritto: è ingenua, antipatica, sempre pronta a fare la cosa sbagliata tipo togliersi il casco protettivo nella caverna aliena, non farsi accompagnare da persone armate perché la loro è una spedizione scientifica, fare all’amore col fidanzato che è stato contaminato e che gli dona una gestazione iperveloce di alieno che lei abortisce ma che non muore.
Il comandante dell’astronave che non lascia nessuno a controllare le immagini che vengono dal pianeta mentre si accompagna con la bella responsabile della società finanziatrice dell’impresa, la donna si comporta da isterica e commette una miriade di errori che un manager non dovrebbe proprio fare.
Non solo, troppe scene e dialoghi ‘baciati’ che, alla fine delle due ore del film, esasperano: ricordiamoci che è stato realizzato pensando ad un pubblico di adulti, non di bimbi dell’asilo. Poi ci sono il geologo ed il biologo che da quando appaiono sullo schermo sono antipatici, cafoni, sicuramente votati ad una brutta fine. E così via, come l’insistente inquadratura di piccoli vermi che sicuramente non sono quello che potrebbero sembrare, una cabina medica ipertecnologica prevista solo per pazienti maschi con un equipaggio misto, tempeste di cui si immagina esattamente di come andranno a finire.
L’unico personaggio che realmente regge è l’androide interpretato da Michael Fassbender, più umano degli umani, vero deus ex machina di ogni cosa accada nel film: David, anche se gli sceneggiatori gli hanno donato un finale un po’ ridicolo, funziona.
Oltre a lui, ci sono gli ‘ingegneri’, probabilmente quelli che ci hanno creato e che dovevano comportarsi più come Dio, ma alla fine l’idea non è stata completamente sviluppata per gli ovvi timori di problemi religiosi. Questi esseri sono alla base della vicenda ma anche si Alien, crediamo, ma lo sapremo soltanto se il film avrà davvero un seguito: la Fox si è presa alcuni mesi di tempo in attesa di sapere come ha realmente funzionato il film al box office.
TRAMA
La dottoressa Shaw, assieme al fidanzato, scopre pitture rupestri di persone che si rivolgono con le mani verso il cielo; sovrapponendo questa immagine ad altre fatte dai Maya e dagli Incas, si convince che tutto porti verso un corpo celeste in particolare, il LV-233. Convince la Weyland Industries a finanziare la spedizione spaziale ma quando arrivano scoprono un mondo ostile in cui molti di loro sacrificano la vita. Alla fine tutto è distrutto, sembrerebbe la fine per ogni cosa, ma sopravvivono un androide e la scienziata.
di Redazione