La recensione di Priscilla, di Sofia Coppola, a cura di Mariangela Di Natale
La recensione di Priscilla, di Sofia Coppola, a cura di Mariangela Di Natale.
L’amore turbolento di Priscilla con il re del rock’n’ roll, secondo Sofia Coppola. Presentato in concorso alla 80ª Mostra del cinema di Venezia, (premio Coppa Volpi per la migliore attrice a Cailee Spaeny), Priscilla è nelle sale italiane dal 27 marzo 2024. Scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, tratto dal memoir “Elvis e io” (1985), il biopic ripercorre le tappe della storia d’amore della coppia più iconica, Elvis e Priscilla Beaulieu, ed è ben distante dall’Elvis del 2022 di Baz Luhrmann. Qui non ci sono luci scintillanti, musica, concerti o Elvis sul palco. C’è una moglie devota e innamorata, strappata alla famiglia a 14 anni, che ha tollerato tradimenti e follie, capace di perdonare e di stare vicino a un divo capriccioso anche nei momenti più bui. Una bambina-donna innocente e soggiogata che decide di vivere all’ombra del mito, ma attenta a non farsi travolgere dalla rabbia nonostante le scappatelle del marito, da Ann-Margret a Nancy Sinatra.
Priscilla Beaulieu vive in una piccola città tedesca ma si sente triste e sola. E quando a quattordici anni (1959) incontra a una festa Elvis Presley (interpretato dall’australiano Jacob Elordi) l’uomo, che è già una star del rock’n’roll, le cose cambiano totalmente. Lui le confessa la sua fragilità, la invita a Graceland, la sposa nel 1967 e un anno dopo nasce Lisa Marie. Priscilla diventa la principessa di una fiaba, invidiata da tutte le sue coetanee e solo quando arriva all’età adulta, fa i conti con la realtà e tutti gli aspetti più oscuri che diventano preponderanti. Vive in totale dedizione per Elvis, lo asseconda in ogni sua mossa in virtù di un legame che lui sostiene d’amore ma che diventa un destabilizzante incubo. Lei non può lavorare, deve studiare controvoglia, tingere i capelli e indossare solo determinati abiti.
Abnegazione, frustrazione e perdita di controllo per la dolce e debole Priscilla, che peggiora quando comincia ad assumere farmaci, quelli utilizzati da Elvis per dormire e affrontare la sua vita di eccessi, che rendono la giovane moglie sempre più fragile e dipendente. Un’autentica storia di abuso e costrizioni che Sofia Coppola narra con il suo stile delicato e poetico, accurato nei dettagli fedele ai personaggi, figure psicologiche fragili. La regista statunitense si orienta verso una narrazione poco mitologica, piuttosto intima e profonda, con temi delicati quali la sopraffazione e l’alienazione, per ritrarre il loro burrascoso legame.
Priscilla, nonostante il conformismo e come tante altre donne eroiche di Coppola, riesce a trovare una via d’uscita risolutiva attraverso il distacco. La pellicola ripercorre quel sentimento di amore, rabbia e delusione, ma anche un atto di fierezza, magistralmente espresso dalla bravissima Cailee Spaeny. Malgrado il suo amore per Elvis sia ancora forte e vivo, riesce con coraggio insieme alla loro figlia, ad allontanarsi da Lui, (la coppia si separa nel 1972), poiché si rende conto che la sua vita non può limitarsi a quella parvenza d’affetto e a quel mondo scintillante. Nonostante ruoti attorno all’immagine di Elvis Presley, la colonna sonora non contiene canzoni del re del rock (la Elvis Presley Enterprises si è rifiutata di cedere i diritti musicali) ma le musiche sono dunque cover realizzate dalle band Sons of Raphael e Phoenix.
di Mariangela Di Natale