Prendimi e portami via
Sulla carta, l’idea di un film con due personaggi molto diversi tra loro quali possono essere un’attrice di talento come Valeria Golino e un comico come Rodolfo Laganà, per di più in una storia delicata e complessa, già insospettisce e crea dei dubbi.
In realtà, Prendimi e portami via è, complessivamente, un film riuscito: certamente non perfetto, con delle ingenuità e delle sequenze forse superflue, ma, in generale, degno di interesse e con qualche momento di autentica bellezza.
Laganà riesce a controllare il suo personaggio e, con un intelligente lavoro di sottrazione, è capace di rendere abbastanza credibile, al di là di ogni aspettativa, il personaggio di Alfredo, il “fruttarolo”.
Valeria Golino, nel ruolo di sua moglie Luciana, è davvero intensa: chi temeva, dopo il successo di Respiro, di vederla, per l’ennesima volta, nei panni della consueta figura femminile fuori dagli schemi e sopra le righe, può tranquillamente ricredersi. Luciana, come ha detto la stessa Golino, è una donna scontenta e ha una gran voglia di riscatto perché vive un momento di transizione fra chi era e quello che forse sarà: è una persona confusa, ma allo stesso tempo vitale.
Nella prima parte del film, e anche oltre, la Golino è bravissima nel rendere anche attraverso i gesti lo stato d’animo del suo personaggio: Luciana porta quasi sempre le mani davanti alla bocca, come se volesse frenare tutto quello che, soffocato, preme comunque per uscire. Analogamente, soprattutto nei momenti di grande emozione, ride istericamente per nascondere e tenere a freno il turbamento. Quando però un giovane avvocato (Claudio Botosso) compra i suoi quadri, per i quali è derisa dai rozzi abitanti del quartiere, acquista finalmente coscienza di sé e comprende che un’altra vita è possibile. In questo senso, madre e figlio sono speculari: il piccolo Giampiero (Noah Scialom), figlio di Luciana e Alfredo, costantemente immerso nel suo vecchio atlante, non fa che sognare un “altrove”. Anche per questo, probabilmente, si innamora di Romana (Romina Hadzovic), la bambina rom che vive nell’accampamento zingaro situato proprio sotto casa sua.
Prendimi e portami via è, allora, un film che affronta il tema della diversità e del razzismo, ma che trova i suoi momenti migliori nella tensione interiore che anima i suoi protagonisti e che li spinge a muoversi, a cambiare, a superarsi, magari senza sapere perché.
“La stessa ragione del viaggio, viaggiare…”, come canta Fabrizio de Andrè nel brano scelto da Zangardi per la struggente sequenza finale in cui Giampiero e Romana giungono finalmente davanti al mare.
di Mariella Cruciani