Ponyo sulla scogliera

La recensione di Ponyo sulla scogliera, di Hayao Miyazaki, a cura di Francesco Parrino.

Ponyo-poster

Non è certamente il primo film che viene in mente pensando alle produzioni dello Studio Ghibli targate Hayao Miyazaki: La città incantata, Il castello errante di Howl, Principessa Mononoke, Nausicaä della Valle del vento, Laputa – Castello nel cielo o Porco Rosso spesso vengono associati prima. Eppure c’è qualcosa di unico in Ponyo sulla scogliera. Di talmente speciale da spingere lo stesso Miyazaki a ragionare nell’ottica di un raro  e irripetibile sequel – fu la prima volta in oltre sessant’anni di carriera che accarezzò una simile idea. E sarebbe andata così in effetti se l’executive Toshio Suzuki non l’avesse indirizzato poi verso lo struggente Si alza il vento.

Certo, l’aspetto ecologista sulla scia dei precedenti di Nausicaä della Valle del vento e Principessa Mononoke è forte e presente nel film. Perché la visione del mago meta-umano Fujimoto di un mondo dove la corruzione d’animo dell’uomo viene spazzata via dalle onde del mare e dall’avvento civilizzato delle specie marine – per quanto utopica e degna di un supercattivo – cova in sé preziose gemme di riflessione ambientaliste contemporanee sul cambiamento climatico, il riscaldamento globale, l’approccio dell’uomo a tutto questo, che non possono non rievocare la suggestione distopica di Nausicaä, o lo spirito di protezione selvaggio di Mononoke.

Eppure è tutto sullo sfondo in Ponyo sulla scogliera, tutto in funzione dell’amore e del rapporto tra Ponyo e Sōsuke, rilettura alla maniera di Miyazaki della fiaba de La Sirenetta. Ma non un amore qualunque, perchè tra prime volte, sacrifici e infantili ingenuità, Miyazaki ci racconta dell’amore puro. Quello vero, sincero, senza limiti e giudizi. L’amore libero che fa smuovere le onde e le montagne, dove il dolore non esiste perché non è previsto, e dove l’unica cosa che conta è l’affetto incondizionato. Come quello che può esserci con il proprio animale domestico, perchè in fondo è così che Ponyo entra nella vita di Sōsuke: come un pesce rosso dalla faccia umana.

Poi però c’è la presa di coscienza, la scoperta del mondo e del prosciutto, e realizzare d’essere anime affini legate dal destino. È un piccolo gioiello Ponyo sulla scogliera, che oggi più di ieri, quindici anni dopo, appare – seppur tra le opere meno popolari del maestro nipponico dell’animazione – grandioso nel ricordarci la meraviglia dell’amore a ogni età.


di Francesco Parrino
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