Piano piano
Ignazio Senatore scrive del film di Nicola Prosatore, nelle sale italiane dal 16 marzo.

1987, vigilia del primo scudetto del Napoli. Un’area della periferia di Napoli deve essere sfrattata perché è in costruzione l’Asse Mediano, sopraelevata che dovrà congiungere il capoluogo con diverse città dell’hinterland. Mentre la polizia prova, invano, a convincere gli abitanti a lasciare le loro abitazioni, Don Gennaro (Lello Arena), spietato boss della camorra, ordina a Totonno (Giovanni Esposito), uno spiantato che cerca faticosamente di sbarcare il lunario, di nascondere in un capanno “il mariuolo” (Antonio De Matteo), un affiliato della camorra, autore di un omicidio.
Sarà il quattordicenne Peppino (Giuseppe Pirozzi), figlio di Totonno, a dover prendersi cura del temibile ospite e assicurargli pranzo e cena. Ma Anna (Dominique Donnarumma), tredicenne inquieta, soprannominata “la principessa”, figlia di Susi (Antonia Truppo), una donna con un passato da dimenticare, è divorata dalla fretta di crescere. Tipetto sveglio, dopo aver stuzzicato in maniera civettuola Peppino, scopre il nascondiglio e inizia a gironzolare intorno al “mariuolo”. Intanto il giovane Ciro (Massimiliano Caiazzo) vuole fare strada nella malavita…
Al secondo lungo di finzione dopo la commedia Innamorati di me (2017), Nicola Prosatore, autore di Destinata coniugi Lo Giglio, vincitore del Nastro d’argento come miglior corto, compone un poetico racconto di formazione. Protagonisti degli adolescenti palpitanti che, smarriti, s’affacciano in un mondo di “losers” che lottano, con ogni mezzo, per sopravvivere. La narrazione procede senza strappi e il regista partenopeo, evitando orpelli e inutili esercizi di stile, punta a scaldare il cuore dello spettatore con una storia “semplice”, che appassiona e commuove. Arena, Truppo, Esposito e De Matteo sugli scudi, ma la vera sorpresa di questo piccolo capolavoro è Dominique Donnarumma, perfetta nel mescolare candore, innocenza e turbamento.
di Ignazio Senatore