Patagonia

La recensione di Patagonia, di Simone Bozzelli, a cura di Francesco Di Brigida.

È un ragazzo introverso Yuri. Vive in un paesino sulle sponde adriatiche con tre zie molto protettive e non riesce ancora a mettere a fuoco i propri sogni. Alla festa di un cuginetto viene attirato dal carisma dell’animatore Agostino, un giovane che per vivere si trucca da clown per far giocare i bambini e di notte si sposta con il suo camper attraverso i rave mostrando fascino e denti da lupo solitario. Inizia un sodalizio di tenerezza e complicità spezzate da ordini, obbedienze, premi e punizioni .Tutte coordinate fondanti di questo rapporto intimo e combattuto tra i due ragazzi.

Patagonia è il titolo del film, ma pure il sogno di Agostino, che ha una faccia da Renton di Trainspotting, ma con sorpresa è impersonato da un attore esordiente che dimostra già grande magnetismo, Augusto Maria Russi. Il protagonista è Andrea Fuorto, già visto ne L’Arminuta di Giuseppe Bonito e La prima regola di Massimiliano D’Epiro. Mentre Simone Bozzelli nel 2020 si è aggiudicato a Venezia il Premio al Miglior Cortometraggio con il suo J’ador nella sezione Sic, invece con Giochi ha vinto nella sezione Italia Corti al Torino Film Festival nel 2021. E nel suo esordio al lungometraggio firma la sceneggiatura con Tommaso Favagrossa ma soprattutto una regia decisa e matura sui crinali di una storia non facile.

Lo sguardo di questo regista non è semplicemente smaliziato. Evita di concentrarsi soltanto sulla prevedibilità o sull’imprevedibilità di una laison, ma ne esplora quei sottilissimi spazi liminali tra la conquista e il rifiuto, tra la pazienza e la sopportazione, tra la forza e la sottomissione rendendoli giganteschi attraverso i tanti contrasti messi in scena, da quelli più concettuali a quelli più visivi, attraverso i campi lunghi su non-luoghi e scenari naturali che tolgono il fiato. La sequela di Yuri è un atto di fede ancor più che passione, ma l’arrendevolezza di questo giovane così inesperto della vita monterà in una scoperta di sé libera da ogni schema come un mustang.

Ambientato nella provincia abruzzese dove a quartieri anonimi si alternano aperta campagna e vestigia di acquascivoli anni novanta invase da vegetazione spontanea, Patagonia è stato girato tra Montesilvano, Silvi Marina e su altipiani incastonati tra gli Appennini. Mentre per i rave, veri e propri paesi dei balocchi per angeli dalle ali finte e anime liquide pronte a evaporare per pura passione, è stata scelta una cava nel cuore della periferia romana. La relazione tra i due personaggi vive di punteggiature umilianti e accudenti, contrasti che si riflettono negli occhioni persi dello Yuri interpretato con meticolosità e resilienza da Fuorto, e nella gracilità del suo corpo dimagrito di oltre 10 chili per la parte. Gli attori compongono un duo di characters a prima vista perverso per la sua tossicità relazionale, ma la magia ottimista di Bozzelli sta nel renderli riverbero poetico e millenial dei felliniani Gelsomina e Zampanò.


di Francesco Di Brigida
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