Pasolini
Se già in partenza il biopic porta con sé alcuni limiti e rischi (in primis quello di ingabbiare la messa in scena in uno spazio precostituito e ristretto), realizzare un film biografico su una personalità complessa e sfaccettata quanto quella di Pasolini è senza dubbio una sfida considerevole. Non sono soltanto la mole e la multiformità dell’opera pasoliniana (cinema, letteratura, arte) a necessitare già di per sé un orizzonte di analisi ampio e profondo e una modalità espressiva duttile quanto ponderata, ma è lo spessore stesso del pensiero dell’autore: un pensiero trasversale e onnicomprensivo, che abbraccia l’arte e la trascende facendosi esso stesso arte (poesia, messa in scena) per diventare, anche, penetrante indagine sociologica; un pensiero che, proprio per questo, ingloba e supera gli anni in cui prende forma viaggiando sorprendentemente avanti nel tempo di decenni, un pensiero veggente e profetico – soprattutto, appunto, nella sua portata sociologica – articolato, multiforme, vastissimo, eppure estremamente limpido, toccato da una stupefacente purezza adamantina.
Abel Ferrara, nel tentativo di avvicinarsi e rendere omaggio a uno dei suoi maestri, sembra procedere per sottrazione, consapevole dei rischi che questa operazione porta con sé. E’ quindi in un certo senso acutamente cauto, sottilmente discreto; si concede solo qualche azzardo (ma più di forma che di sostanza) soprattutto in quelle sequenze visionarie, metaforiche, quasi naïve, che mettono in scena – a sprazzi, suggerendo e accennando – ciò che avrebbe potuto essere o diventare il progetto cinematografico incompiuto Porno-Teo-Kolossal, racconto del viaggio di Epifanio e Nunzio – il Re Magio e il suo assistente – sulla scia di una nuova cometa.
Nonostante la fisicità di un Dafoe assolutamente credibile, si percepisce che l’approccio di Ferrara non è, per così dire, principalmente mimetico, ossia che il film non vuole insistere sul piano tangibile, tridimensionale e materico della mimesi, ma preferisce invece viaggiare in una dimensione più eterea e sfumata, con l’intento di evocare più che di mostrare, come a svelare un mondo (vasto, incontenibile) dallo stretto spiraglio di una porta aperta, senza però avere la presunzione – e l’ingenuità – di poterlo racchiudere e abbracciare in un unico sguardo (presunzione e ingenuità che certamente non appartengono a Ferrara).
In questo modo, il regista riesce abilmente a descrivere tanto il Pasolini intimo, privato – insieme ai familiari e agli amici (Susanna, Graziella, Laura, Ninetto) – con tatto e sensibilità, tanto il Pasolini artista e intellettuale (notevole l’asciutta, calibrata, emblematica sequenza dell’intervista di Furio Colombo). Pasolini è un collage di parole (le lettere a Moravia e De Filippo), visioni (Petrolio, Porno-Teo-Kolossal), e momenti di spontanea serenità (la partita di calcio, il pranzo in famiglia) cui lo spettatore guarda già con la nostalgia malinconica che si riserva ai ricordi, perché consapevole, fin dal principio, della morte imminente e atroce.
La sequenza dell’omicidio – cruda, scarna, brutale – appare a ben guardare come l’epifania violenta, terribile e obbligata delle più nere previsioni pasoliniane sulla distruzione che la società capitalistica opera sull’uomo, in senso sociale quanto psicologico ed emotivo e quindi umano.
Senza dubbio, l’operazione di Ferrara dà la sensazione – voluta? – di essere parziale, circoscritta, non onnicomprensiva. Del resto, a ben guardare non sarebbe potuto succedere altrimenti, se si considera – come si osservava sopra – l’entità del soggetto che il film affronta.
Pasolini non procede su un tracciato univoco, non analizza, non indaga: definisce le coordinate fluide di un’atmosfera, suggerisce, ricorda, evoca. E in questo modo riesce, senza dubbio, a restituire qualcosa di fondamentale del suo protagonista: la radicalità, la potenza e la coerenza di un pensiero ormai definitivo, lucido come non mai non solo rispetto al presente, ma anche nella chiara previsione di ciò che in quegli anni era ancora al di là da venire.
Trama
L’ultimo giorno di vita del grande intellettuale italiano PierPaolo Pasolini è raccontato tra scorci quasi onirici e visionari che mettono in scena i suoi ultimi lavori: il romanzo Petrolio e il progetto cinematografico incompiuto Porno-Teo-Kolossal.
di Arianna Pagliara