Parthenope

Le recensioni di Parthenope, di Paolo Sorrentino, a cura di Marco Lombardi e Mariangela Di Natale e l'analisi di mercato di Boris Schumacher.

La recensione
di Marco Lombardi

Anche l’ultimo film di Paolo Sorrentino, Parthenope, ti lavora dentro, quasi come se il suo cinema impedisse ancora una volta la lapidarietà di un giudizio definitivo: ogni fotogramma è una domanda posta allo spettatore, ed è questo un segnale di grande vitalità. Ma come era già successo con È stata la mano di Dio, cioè da quando il regista napoletano ha cercato di parlare più di sé, in modo anche sinceramente empatico, gli ingranaggi non girano più come fino ai tempi di The young Pope, lasciandoci in bocca un senso d’infruttuosa implosione emotiva.

Questo succede soprattutto nella prima parte, quando la bellezza della giovane protagonista – che rappresenta la città di Napoli, e pure la giovinezza di Sorrentino – in teoria dovrebbe tenerci incollati allo schermo. E invece a prevalere è la staticità, e pure la stanchezza (la nostra), nonostante Celeste Della Porta duetti con un attore monumentale, Gary Oldman. È tutto troppo lineare, e tutto troppo abbastanza bello e normale, tragedie comprese, visto che il regista de La grande bellezza si trova più a suo agio con il caos, e con gli irrisolvibili aggrovigliamenti emotivi, e la cerebralità.

Nella seconda parte, cioè quando Parthenope inizia a scegliere, così restringendo il suo ventaglio di possibilità, si apre la strada dei rimpianti, e della cronica malinconia, ed è proprio lì che il film inizia a decollare, anche se a bassa quota, e a velocità troppo elevata. Parthenope, infatti, racconta una vita intera secondo Sorrentino, il che avrebbe richiesto il tempo di una serie, per come il suo cinema è saturo di “cose”, così dando l’idea di una frettolosa surfata sull’evoluzione del personaggio, e pure sulla storia di Napoli. Insomma, l’esito (per ora) è più no che sì, ma dentro questo sì c’è una perla, il personaggio di Silvio Orlando, un professore universitario più nichilista di Woody Allen, eppure fortissimamente umano, forse il vero alter ego del Sorrentino adulto.

La recensione
di Mariangela Di Natale

Parthenope, presentato in concorso alla 77ª  edizione del festival di Cannes,  arriva in ben 500 sale giovedì 24 ottobre, dopo le anteprime sold out di mezzanotte,  con la nuova distribuzione PiperFilm. Continua  il viaggio di Paolo Sorrentino nella  sua città natale e quello lasciato in sospeso ne È stata la mano di Dio conun racconto di gioventù che non ha vissuto: “Ho scritto il film attingendo a zone anonime del mio io. Mi lega a Parthenope un’idea di libertà. La protagonista non si allontana mai da questa bussola che è la libertà, che riesce a frequentare favorita anche da una città che è libera, poco giudicante, per niente perbenista”.

Con Parthenope Sorrentino scrive una lettera d’amore alla “sua  Napoli”,  travolgente, luminosa e assai infelice, raccontando la storia dell’omonima ragazza (dalla sua  nascita nel 1950 fino ai giorni nostri),  che in tutto il suo splendore, ma anche nelle sue contraddizioni, seducente e misteriosa, è la perfetta incarnazione della sua città. Un personaggio  che ha il volto della spensieratezza, della bellezza classica che seduce ogni uomo che incontra,  ma solo Sandrino ( diminutivo che Sorrentino dà ai suoi alter ego), rimane l’amico più devoto. Parthenope (dal greco “vergine”) rievoca il mito della Sirena considerata dalla tradizione napoletana come la vera fondatrice di Neapolis (città nuova). Anche la protagonista è in linea con le origini del mito di Parthenope, “splendida, giovane e bella, da cinquemila anni, corre ancora sui poggi, erra sulla spiaggia”, si smarrisce e girovaga per Napoli, con quella seduzione naturale che porta scompiglio e confusione, riuscendo ad attirare  a sé intellettuali, cardinali e perfino boss malavitosi. 

Intensa e sorprendente l’interpretazione di Celeste Dalla Porta, ma nel cast  tanti volti noti in scena, Dario Aita, Silvia Degrandi, Isabella Ferrari, Lorenzo Gleijeses, Biagio Izzo, Marlon Joubert, Peppe Lanzetta, Nello Mascia, Gary Oldman, Silvio Orlando, Luisa Ranieri, Daniele Rienzo, Stefania Sandrelli e Alfonso Santagata. Il regista  napoletano  riesce a costruire una figura femminile tra leggenda e  realismo, ammaliante ma profonda al tempo stesso (studia antropologia), che si trova ad affrontare le aspettative del mondo accademico, alla continua ricerca di un proprio posto nel mondo, ma  che purtroppo vedrà disgregare la sua famiglia a causa di un tragico evento che la segnerà per sempre.

Sorrentino gioca forte col simbolismo e dà vita a un prodotto fascinoso, enigmatico e sognante: “Se da un lato La grande bellezza è la storia di un sguardo disincantato sul mondo, Parthenope è invece lo sguardo incantato dal mondo e rappresenta Napoli, entrambe  tristi e fragili,  misteriose e indefinibili. A guidare la scenografia Carmine Guarino, mentre l’autrice della fotografia, ancora una volta la pirotecnica  Daria D’Antonio,  impeccabile nel raccontare una femminilità multiforme. Al   montaggio Cristiano Travaglioli,  superbo nel far scorrere ogni incarnazione di Parthenope in quella successiva. Ricca , visivamente e narrativamente,  la pellicola (girata tra Napoli, Capri,  Posillipo, nella splendida Grotta Romana) unisce momenti estremamente vivaci e altri dai toni malinconici e angosciati. “E poi lì in fondo, vicina e lontana, questa città indefinibile, Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male”.

Sorrentino riflette sull’età che avanza, sullo  scorrere veloce  del tempo, che lascia indietro la spensieratezza e la brevità della gioventù  (il  ricordo delle estati  a Capri) e ci rammenta come la vita possa essere lunghissima e incredibile. Il suo viaggio esistenziale ha il sapore della grande epica senza eroismi,  animato dalla passione inesorabile per la libertà, per Napoli e gli imprevedibili volti dell’amore. Amori tra donne, amori proibiti e tabù: “il mio Parthenope non ha paura di essere sentimentale”.

L’analisi di mercato
di Boris Schumacher

Inutile negarlo: Parthenope è il film italiano più atteso di questa nuova stagione cinematografica in cui il nostro cinema soffre e arranca al botteghino (al momento solo Vermiglio di Maura Del Pero ha avuto un buon riscontro di pubblico, raggiungendo i due milioni di euro d’incasso).

Il decimo lungometraggio di Paolo Sorrentino è stato presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes, dove era l’unico film italiano presente nella competizione ufficiale. Parthenope è un titolo spartiacque nella filmografia del regista napoletano, il suo primo film incentrato e costruito attorno a un personaggio femminile, interpretato da una straordinaria attrice esordiente, Celeste Dalla Porta. Una giovane interprete, splendida e magnetica, che illumina e irradia un film magico e malinconico, intenso e vitale, fatto d’incontri e di grandi suggestioni, di dialoghi e personaggi destinati a restare e a imprimersi a lungo nella nostra memoria. Un’opera affascinante e seducente, come lo è la sua protagonista, Parthenope. Un viaggio emotivo e introspettivo nella vita di una donna e di una città, Napoli, che ha dato i natali al regista e che dopo un lungo periodo di lontananza è tornata al centro della sua poetica a partire da È stata la mano di Dio, il suo film precedente uscito nel 2021

A un mese dalla conclusione delle anteprime di mezzanotte del film, quando mancano pochi giorni alla sua uscita al cinema, distribuito dalla neonata Piper Film da giovedì 24 ottobre, torniamo sul quel fenomeno, con la speranza di poter essere di buon auspicio per l’esito commerciale di Parthenope. Il nostro cinema ha bisogno di un titolo in grado di ben performare in sala, cosa che purtroppo non avviene da diversi mesi (l’ultimo successo di pubblico lo si deve a Riccardo Milani e al suo Un mondo a parte). Nel suo essere così divisivo e con la prevedibile bagarre che si scatenerà sui social e che vedrà contrapposti estimatori e detrattori, Sorrentino potrebbe attirare in sala una buona fetta di pubblico che ha bisogno di un titolo forte e di richiamo per convincersi e decidersi alla visione sul grande schermo.

Le anteprime di Parthenope si sono concluse mercoledì 25 settembre. Si è trattato di un evento, o forse sarebbe meglio definirlo un esperimento, che non ha precedenti nel nostro Paese. Per volere dello stesso Sorrentino (e della produzione che in questo modo ha potuto candidarsi a rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar per il miglior titolo internazionale dove alla fine a spuntarla è stato Vermiglio), il film ha avuto una settimana ininterrotta di anteprime di mezzanotte in programma in 14 cinema italiani, da Torino fino a Palermo. La settimana di anteprime si è svolta in sette capoluoghi italiani – Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo – e due comuni campani, Casoria e Marcianise. Il sacrificio richiesto agli esercenti di queste sale non è stato di poco conto, se si considera che il nuovo film del regista Premio Oscar per La grande bellezza ha una durata ben superiore alle due ore (136 minuti) che ha quindi costretto il personale delle varie strutture a rimanere in sala fino a notte fonda per un’intera settimana.

È un esperimento molto interessante e da studiare a fondo, in un Paese come il nostro in cui, spesso e volentieri, si fatica a portare al cinema i giovani e a lavorare sul necessario e fondamentale cambio generazionale. Chi frequenta le sale dei circuiti cittadini, soprattutto per quanto riguarda quelle cosiddette d’essai o di qualità, sa bene che l’età media degli avventori è piuttosto elevata. È sempre più urgente e impellente trovare il modo di creare i presupposti per un ricambio generazionale, invogliando le nuove generazioni a frequentare con regolarità le sale storiche delle nostre città e non solo quelle delle grandi catene dei multiplex dove l’età media, come ben sappiamo, si abbassa notevolmente rispetto a quella del circuito d’essai.

A quanto pare è stato lo stesso Sorrentino a chiedere questa insolita e inusuale settimana di anteprime di mezzanotte, pensate e rivolte soprattutto ai giovani. È interessante notare che di queste 14 sale, solo quattro appartengono alle due grandi catene di multiplex, The Space Cinema e UCI Cinemas, presenti sul territorio a livello nazionale. I restanti dieci cinema che hanno programmato le anteprime sono strutture storiche, attive e ben radicate nel territorio di appartenenza. In definitiva, l’esperimento può dirsi ampiamente riuscito: il film ha incassato quasi centomila euro (98.561) per un totale di 14.163 ingressi, con una media copia di quasi 150 spettatori a proiezione. In queste 14 sale si sono viste tantissime ragazze e ragazzi dal 19 al 25 settembre, in alcuni casi – come il Beltrade di Milano e il Troisi di Roma – bisogna sottolineare che abbiamo a che fare con delle realtà che sono sempre e costantemente frequentate da un pubblico giovane.

Entriamo adesso nel dettaglio e vediamo come sono andate le anteprime nelle varie città. A Torino il Cinema Nazionale ha registrato 698 ingressi in una settimana, con una media copia vicina ai cento spettatori a spettacolo. A Milano l’Anteo ha fatto numeri impressionanti, con un totale di 1490 ingressi (media per copia di 213) mentre il Beltrade è andato più che bene, con 777 spettatori in sei giorni, con una media copia di 129 ingressi. Anche il pubblico bolognese ha risposto all’appello con entusiasmo: l’Odeon ha fatto 949 ingressi in sette giorni, con una media copia di 135 spettatori. A Firenze si registra la sola e unica nota dolente: al Principe in sei giorni Parthenope è stato visto da 249 persone, per una media copia pari a 41 ingressi. È giusto dire che ci sono delle attenuanti, la struttura al momento si trova circondata dai lavori per l’ampliamento della tramvia e non presenta facilità di parcheggio.

Proseguendo a scendere per lo stivale arriviamo a Roma dove il film di Sorrentino era proposto in anteprima in tre cinema che hanno fatto registrare numeri importanti. Al Troisi si sono registrati 1810 ingressi, con la seconda media copia più alta a livello nazionale (258). Al The Space di Roma Centro è stato visto da 1028 persone (147 di media) mentre al Giulio Cesare si sono registrati 835 ingressi (119 come media copia). Anche a Napoli, dove Sorrentino giocava in casa e il film era più atteso che altrove, le sale erano tre: Filangeri, Modernissimo e Space. La prima ha fatto 663 ingressi (m.c. 95), la seconda 1527 (m.c. 218) e la terza, lo Space, ha ottenuto il risultato migliore a livello nazionale, con ben 2220 ingressi, con una super media copia (317). Sempre in Campania, nei circuiti UCI di Casoria e Marcianise, Parthenope è stato visto, rispettivamente, da 823 (m.c. 119) e 540 (m.c. 77) persone. A chiudere la Sicilia, dove al Rouge et Noir di Palermo si sono registrati 517 spettatori, per una media copia di 74 ingressi a spettacolo.

Sorrentino e i suoi alla fine hanno avuto ragione e i numeri sopra elencati lo attestano chiaramente. Il regista partenopeo ha dimostrato di avere un pubblico trasversale. I suoi film riescono ad arrivare a un pubblico molto ampio composto da diverse generazioni, dai giovani fino ai più agé. Parthenope potrebbe dunque fare numeri importanti in sala, adesso che uscirà in distribuzione regolare e capillare. Rispetto a È stata la mano di Dio, il suo film precedente, le sale potranno averlo in tenitura regolare (si spera lunga e prolungata) senza il fastidio e l’invasività delle piattaforme (in quel caso specifico il film venne distribuito al cinema il 24 novembre 2021 per poi uscire su Netflix tre settimane dopo, il 15 dicembre).

Siamo certi che il fenomeno legato alla settimana di anteprime di Parthenope verrà studiato e analizzato a lungo dagli addetti ai lavori, in cerca della “formula magica” che consenta al settore di rilanciarsi e rinnovarsi, provando a intessere un dialogo con le nuove generazioni e a essere più attrattivo e aperto nei loro confronti.


di Marco Lombardi, Mariangela Di Natale e Boris Schumacher
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