Panico al villaggio

Cow Boy e Indiano sono due veri professionisti dei pasticci. Per il compleanno del loro amico Cavallo decidono di fargli un regalo davvero speciale, montando fuori dalla loro casa un barbecue. Ordinano su Internet i mattoni ma, pigiando per errore un tasto, il quantitavo del materiale ordinato si moltiplica a dismisura. E’ l’inizio del disastro e la casa di Cavallo e dei suoi amici viene schiacciata sotto i mattoni. Ora non resta che ricostruirla ma ogni volta che i tre iniziano ad edificare i muri, nella notte vengono rubati. Mettendosi sulle tracce dei ladri Cavallo si troverà a vivere un’avventura strabiliante e troverà anche il coraggio di dichiarasi alla puledra che ama.
Basato sull’omonima serie televisiva molto popolare in Belgio e in altri paesei europei, Panico al villaggio (entrato nella Selezione Ufficiale al Festival di Cannes del 2009 e vincitore del Platinum Grand Prize al Future Film Festival di Bologna 2010) è un piccolo gioiello di animazione che fa della favola per bambini un’incursione anarchica nel mondo della fantasia.
I protagonisti, pur essendo i più usati pupazzi dai bambini di mezzo mondo (il cow boy, l’indiano e il cavallo), si apprestano a vivere un’avventura tutt’altro che banale dove si sovvertono le regole della logica e dove l’immaginazione, con la sua miriade di spunti, la fa da padrone. Partendo da un semplice regalo di compleanno Patar e Aubier catapultano i loro “eroi” in un mondo dove la “normalità” è riveduta e corretta da un fantastico – è il caso di dirlo – senso del reale. Esistono, sì, case, fattorie, automobili ed edifici ma ogni oggetto rispecchia la peculiarità di coloro che  lo usano. Ecco allora una macchina a misura di cavallo, un Conservatorio adatto agli animali che vogliono imparare a suonare gli strumenti, un letto studiato per un quadrupede e una torta (balla di fieno al cioccolato) in sintonia con i gusti equini…
Tutto nel villaggio è bizzarro e, nel contempo, perfetto fino a quando l’arrivo di strani esseri del sottomondo acquatico non sovvertirà questo equilibrio. Singolare il fatto che, in un universo già “alterato” intervengano fattori di disturbo a scombinare quella giocosa armonia che i due registi hanno orchestrato fondendo elementi estremamente fantasiosi con altri, più conosciuti e rassicuranti, come il postino o la coppia di contadini. Un modo per scatenare la fantasia, stuzzicare l’interesse dei più piccoli ma, nel contempo, permettere anche al pubblico più adulto di abbandonarsi a quel non-sense di cui, di tanto in tanto, si avverte il liberatorio bisogno. Patar e Aubier (anche doppiatori nella versione originale) hanno concentrato in questo film la follia dell’immaginazione con  uno studiato disordine logico in cui tutto, non solo diventa possibile, ma si rivela estremamente divertente. Un gioco di immagini e parole che esplode nel colore e nel movimento e porta alla memoria certi esperimenti di Gondry ma anche la mimica eccezionale dei film di Keaton, per 75 minuti di esplosiva stravaganza.


di Eleonora Saracino
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