Olga

La recensione di Olga, di Elie Grappe, a cura di Marco Lombardi.

olga-poster

Sarebbe stato meglio che Olga – presentato alla Semaine de la Critique 2021, a Cannes – fosse uscito prima dell’invasione russa in Ucraina, perché così (forse) il cinema sarebbe microscopicamente potuto servire a rendere il pubblico più consapevole, e da lì (ancora forse) evitare tutto quello che è poi successo. Invece quest’opera prima dello svizzero di origini francesi Elie Grappe esce oggi, quando il pubblico, cioè il mercato, è desideroso di capire, quindi intenzionato ad acquistare il biglietto, ma la tragedia è purtroppo avvenuta.

Olga racconta infatti la storia vera di una ginnasta ucraina che nel 2013, prima dell’annessione russa della Crimea, emigrò in Svizzera (il padre, defunto, veniva di là) per partecipare da svizzera ai campionati europei, mentre la madre – una giornalista che aveva la colpa di essere una giornalista per davvero, raccontando le tante porcherie dell’allora governo filorusso – era rimasta a Kyev, a prendere le botte dal regime.

Il film, girato a cavallo della pandemia (che entra in campo con delle pratiche di disinfezione degli attrezzi, a rendere la storia volutamente atemporale, cioè universale), non ha evidentemente potuto coinvolgere la vera Olga, ma ha scritturato delle vere ginnaste e dei veri allenatori nel tentativo di rendere tutto plausibile, dagli allenamenti alle gare allo spogliatoio, anche se talora sentiamo questi “sportivi non attori” nell’atto di sentire su di loro il peso della macchina da presa, facendoci sospettare che la storia del film (peraltro vincitrice del premio per la miglior sceneggiatura) non sia proprio vera (un pensiero corroborato da un montaggio non del tutto invisibile, e una fotografia qua e là estetizzata).

A darci il senso della realtà, rispetto al dramma vero della storia, ci sono invece gli scontri di piazza, la quasi totale assenza della musica e Anastasia Budiashkina, l’atleta che interpreta Olga, che ha attinto dentro di sé l’autenticità di un dolore collettivo fino a farci provare, ancora una volta, uno sdegno inconsolabile nei confronti di chi non rispetta le sovranità e le libertà altrui.


di Marco Lombardi
Condividi

di Marco Lombardi
Condividi