Nuovo Olimpo
La recensione di Nuovo Olimpo, di Ferzan Özpetek, a cura di Guido Reverdito.

Che fine ha fatto l’autore di titoli quali Le fate ignoranti, La finestra di fronte, Saturno contro e Mine vaganti che lo hanno consacrato come una delle voci più interessanti e innovative del cinema d’autore oltre che nei panni del paladino di tante battaglie per la legittimazione della comunità LGBTQ combattute a colpi di sceneggiature e macchina da presa?
Se questa domanda era lecito porsela già per titoli apparsi spenti e ripetitivi a partire da Magnifica presenza per arrivare fino all’irrisolto Napoli velata (con forse la sola eccezione de La Dea Fortuna), vedendo questo suo 14esimo lungometraggio si ha il sospetto che se esisteva un “tocco di Özpetek”, quel cocktail magico di ispirazione e impegno sembra ormai solo un lontano e offuscato ricordo.
Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e poi passato frettolosamente sulla piattaforma in streaming che lo ha prodotto (un altro indizio questo che poteva e doveva preoccupare anche i più accaniti fan del regista e scrittore italo-turco allarmandoli in anticipo sul tipo di prodotto che avrebbero visto), Nuovo Olimpo attinge al vissuto autentico del suo autore recuperando la storia di un amore interrotto che Özpetek stesso ha ribadito aver vissuto nella Roma di fine anni ’70 e usato come ispirazione per il film.
Fin qui tutto bene. La storia dell’incontro tra un aspirante regista e uno studente di medicina che si perdono di vista dopo un avvio bruciante di relazione per poi ritrovarsi casualmente nel 2015 con il primo divenuto autore di successo e il secondo chirurgo affermato ma ingabbiato in un matrimonio di facciata poteva rientrare comodamente nei ranghi del melò con al centro amori impossibili o relazioni interrotte dagli intoppi della Vita.
Da Un amore splendido a I segreti di Brokeback Mountain la storia del cinema pullula di vicende di questo tipo. Ma Nuovo Olimpo ricicla stancamente i cliché del sottogenere finendo con lo scivolare dai toni dell’intensità melò alla superficialità vacua della più vieta soap opera. Con ritmi da serialità televisiva cui non giovano certo l’assoluta mancanza di credibilità di buona parte degli snodi narrativi che la sceneggiatura presenta muovendosi dal 1978 al 2015. Né tantomeno dialoghi improbabili che confermano l’artificiosità dell’intera operazione.
Se a questo poi si aggiunge la scelta di un cast legnoso fatto di nomi emergenti (con picchi imbarazzanti nel medico di Andrea Di Luigi e nell’ex rugbista e culturista Alvise Rigo nei panni del compagno del regista alter ego di Özpetek) la cui performance condiziona anche quelle di Luisa Ranieri e Greta Scarano, il disappunto che si prova a fine visione non arriva certo come una sorpresa.
Peccato, davvero. Perché Nuovo Olimpo poteva essere l’occasione per Özpetek per ritrovare una boccata d’ossigeno creativo affrontando di nuovo due delle tematiche che spesso sono state il marchio di fabbrica del suo cinema negli anni di maggiore ispirazione. E cioè l’amore per cinema in quanto spazio fisico vissuto appieno da chi ne è e soprattutto ne era il fruitore (tema qui riproposto con malinconica nostalgia in molte delle sue manifestazioni ormai da museo ma anche nella sua centralità di polo di aggregazione sociale), unito al gusto di pedinare le fibrillazione del cuore invitando tutti a non vergognarsi mai dei propri sentimenti.

di Guido Reverdito