Noi, Zagor
All’urlo di “Aahhyyaaaak!” finalmente giunge sui nostri schermi un bel documentario che spiega la nascita, lo sviluppo e la vita attuale di questo anomalo cow boy con una Colt a 5 colpi e un’ascia per difendersi ma anche per farsi giustizia contro i cattivi di turno. Zagor è sicuramente uno dei personaggi che rimarrà nella storia del fumetto, non solamente quello italiano.
Conosciuto in varie parti del mondo, idolatrato in paesi quali Brasile, Spagna, Serbia, Croazia e Turchia, è stato innovativo nel panorama di questa forma di espressione perché il protagonista rivela aspetti problematici, sfumature, una certa profondità rispetto alla bidimensionalità non solo grafica di tanti altri eroi. È un uomo che ha sofferto, che ha deciso di evitare la vendetta e, invece, di aiutare i più deboli.
Il merito di Riccardo Jacopino e dei suoi collaboratori è di avere raccontato un evento editoriale, uno spaccato di società, un mondo fatto di tante persone che lavorano dietro le quinte per dare vita a personaggi famosi.
Zagor è nato nel 1961 da un’idea di Sergio Bonelli (alias Guido Nolitta) sviluppata assieme al disegnatore e grafico Gallieno Ferri. È un prodotto editoriale studiato a tavolino, pensato per potere raggiungere un pubblico adolescenziale che Tex Willer non riusciva ad entusiasmare; per le sue caratteristiche, non è mai stato in competizione col personaggio creato dal padre Gian Luigi Bonelli e da Aurelio Galleppini. Sergio era un grande viaggiatore e per lui immaginare mondi lontani, la foresta di Darkwood piena di fascino e pericoli era facile.
Zagor, nome vero Patrick Wilding (padre ex ufficiale dell’esercito che ha visto morire, insieme alla madre Betty per mano degli indiani Abenaki) viene raccolto da un vagabondo, Wandering Fitzy, che gli fa da genitore. Rinuncia ben presto all’idea della vendetta perché scopre che suo padre aveva ucciso molti indiani innocenti e per questo gli Abenaki guidati dal bianco Salomon Kinsky, lo avevano eliminato. Prova un forte risentimento verso il padre, da lui ritenuto un militarista e un massacratore di indiani, ma ogni tanto la pietas di figlio supera anche questo sentimento così negativo.
È un uomo che ha molto sofferto, il quale prima di trovare la sua dimensione deve capire cosa vuole dalla vita. Diventa “Za-gor-te-nay”, lo Spirito con la Scure, e da allora si schiera sempre con i deboli e gli innocenti senza mai pensare che siano nativi, bianchi o di altre etnie.
Suo compagno di vita e di avventure è il messicano Cico (il cui nome completo è Don Cico Felipe Cayetano Lopez y Martinez y Gonzales y Rodriguez, ma esistono altre versioni), tarchiato, affamato, pauroso, tonto e ingenuo. Con la conoscenza che Sergio Bonelli aveva del mondo editoriale, la creazione del personaggio era stata voluta per accattivarsi la simpatia del pubblico più giovane che si poteva inconsciamente immedesimare in lui perché, nonostante fosse imbranato, alla fine poteva essere risolutore per il successo delle gesta dell’amico.
Da notare che Zagor soprattutto agli inizi non ha voluto essere un ritratto storico del periodo in cui è ambientato, la prima metà dell’Ottocento. Vi sono anacronismi come le pistole a ripetizione e i treni accettati e mai eliminati, anche se si è evitato di aggiungerne altri, tipo la dinamite.
Ora, nell’era di Internet in cui chiunque può documentarsi su quanto scritto nelle avventure, c’è una maggiore attenzione ai particolari rendendo possibili le storie raccontate.
Ne Il giorno del giudizio, Zagor si trova in Cile durante il terremoto che colpì Concepción nel 1835, e qui incontra Charles Darwin salvandogli la vita. E lo stesso Darwin descrisse questa catastrofe nei minimi dettagli nei suoi diari. Pur non disconoscendo il passato, Moreno Burattini, attuale curatore della testata, cerca di evitare errori più o meno voluti e/o accettati nella costruzione delle storie.
Importante conoscere il mondo in cui si è avventurato Riccardo Jacopino: troppo spesso è dato per scontato che un personaggio sia noto a tutti. Sapere qualcosa di più di questo uomo che attorno al 1830 vive avventure ambientate nel west ma non necessariamente western può essere utile per capire le non poche difficoltà che ha dovuto affrontare.
Innanzitutto, non potere parlare con Sergio Bonelli mancato poco prima, poi trovare tutto il materiale necessario per realizzare questo docu film.
In realtà, l’entusiasmo di tutte le persone che direttamente o indirettamente hanno collaborato alla realizzazione del film, lo ha portato a girare quasi 20 ore, poi ridotte a 70 minuti. Sono state sacrificate le storie degli autori e dei lettori fedeli e il futuro di questo genere di pubblicazione, la ripresa di molti originali, approfondimenti anche delle tecniche utilizzate per realizzarlo. Le scelte registiche sicuramente sono state ben meditate, ma a tratti si ha la sensazione di una certa incompiutezza. Belle le copertine, tra le più interessanti realizzate in questi 50 e più anni, proposte durante i titoli di coda. Tito Ammirati, uomo di punta della cooperativa sociale di inserimento lavorativo Arcobaleno, ha già realizzato con Jacopino un lungometraggio.
Noi, Zagor dimostra come anche il cinema possa essere terreno fertile per l’opera di strutture in grado di ridare fiducia e lavoro a chi non ce li ha più. La produzione è stata realizzata in collaborazione con la Sergio Bonelli Editore. Pur essendo il primo film su Zagor, non è il primo ad essere girato utilizzando più il nome che non il personaggio vero e proprio. Negli anni ’70 in Turchia, non autorizzati dalla Bonelli, sono stati realizzati 3 B-Movie che in maniera fortunosa è stato possibile vedere anche in Italia grazie ad appassionati che li hanno collezionati. Ora sono su YouTube (Zagor (1970) di Mehmet Aslan con Cihangir Gaffari, Zagor Kara Bela (1971) di Nisan Hançer e interpretato da Levent Çakir, Zagor kara korsan’in hazineleri (1971), nuovamente diretto da Nisan Hançer e interpretato da Levent Çakir).
La grande esperienza di Riccardo Jacopino nel mondo del documentario ha reso questo difficile progetto un’opera compiuta. Ha realizzato documentari di indagine sociale in Italia, Africa, Sud America, Stati Uniti. Nel 2002 ha realizzato Il postino di Quarrata, storia di un volontario della solidarietà internazionale. Tra gli altri intervengono Luis Ignacio Lula da Silva, presidente del Brasile, Rigoberta Menchù, premio Nobel per la Pace, e Beppe Grillo. Per il Gruppo Abele di Torino, fondato da Luigi Ciotti, ha realizzato una serie di documentari in Marocco, Burkina Faso e Costa d’Avorio sulla condizione dei giovani in quei paesi. Nel 2010 è uscito il suo primo lungometraggio 40% Le Mani libere del destino, prodotto da Arcobaleno Cooperativa Sociale, la stessa con cui ha realizzato il film sul personaggio scritto da Sergio Bonelli.
di Redazione