Mondo Grua
Opera d’esordio, vincitrice della Settimana della Critica al Festival di Venezia 99, Mondo Grua, è un lavoro piuttosto interessante sia sotto il profilo formale sia sotto quello più specificatamente narrativo.
L’autore, l’argentino Pablo Trapero, racconta con misurata ma sincera partecipazione emotiva la realtà operaia di Buenos Aires, metropoli sudamericana dagli innumerevoli risvolti sociali.
Il protagonista della vicenda è Rulo, uomo buono e semplice, sempre disponibile alla comunicazione e al contatto con il prossimo e pieno di speranza nei confronti della vita, anche se la sua condizione esistenziale non è delle migliori.
Gli individui descritti dallo sguardo profondo di Trapero sembrano andare alla deriva, distrutti umanamente da un capitalismo arrabbiato e spietato. Eppure, nonostante vivano in mezzo a notevoli difficoltà, tutti i personaggi mettono in atto la propria resistenza personale per l’affermazione di una dignità negata da un sistema duro e cinico.
In fin dei conti Rulo combatte una guerra esistenziale esclusivamente per garantirsi una vita serena e normale. Ciò che gli serve per andare avanti è uno stipendio e l’amore di una donna.
Lo stile utilizzato da Trapero è caratterizzato da un’impostazione fortemente realistica che l’ha portato a realizzare immagini in un bianco e nero notevolmente sgranate, da un uso della luce basato su scioccanti(visivamente) chiaroscuri e da inquadrature volutamente costruite in modo sciatto.
Mondo Grua è dunque un film che trasporta lo spettatore in un contesto filmico in cui la finzione si accosta armoniosamente ad una rappresentazione realisticamente dolorosa delle giornate di un operaio disoccupato, consentendo in questo modo al fruitore di identificarsi in modo paradossalmente naturale con il protagonista, un proletario di fine millennio divorato dall’angoscia ma anche incredibilmente capace di esprimere una disincantata ironia.
di Redazione