Mia
Frédéric Pascali recensisce il film di Ivano De Matteo.
Molto spesso sono le emozioni che determinano il corso delle storie, fino al punto che schivarne le traiettorie irrazionali diventa un compito complesso se non addirittura impossibile. La regia di Ivano De Matteo ne indaga il tema dirigendo al meglio Mia, un dramma famigliare che indaga, nella contemporaneità, il rapporto genitori-figli, senza tralasciare l’impronta della stratificazione sociale imposta dai new media.
L’argomento non è inedito ma è fonte sicura di innumerevoli considerazioni e sfumature d’analisi. L’adolescenza nella sua forma più evidente, quella dedita alla scoperta del mondo degli adulti e al confronto-scontro con le sue regole e le sue consuetudini, si concentra nella figura di Mia, una quindicenne felicemente innamorata della vita, luce degli occhi di Sergio, il padre severo ma bonaccione, e Valeria, la madre complice e premurosa. La loro routine quotidiana si destabilizza quando nel mondo di Mia fa la sua comparsa Marco: è il primo fidanzato importante della ragazza che, tuttavia, da subito più che amore dimostra possesso.
Sarà questo il fattore dirimente dell’intera storia, quello che sancisce il punto di svolta da cui non si torna più indietro. Mia è una pellicola che, oltre alla capacità di girare con estrema attenzione al dettaglio un racconto comunque scivoloso, riesce a sprigionare uno stato empatico di indubbia efficacia. Nonostante qualche passaggio in sceneggiatura, scritta dallo stesso Ivano De Matteo con Valentina Ferlan, un po’ troppo irruento, la vicenda di questa ragazza romana non perde mai la sua tensione narrativa. Il vallo che separa le emozioni dalle considerazioni sociologiche non è immune da crepe e permette un’osmosi frequente, congeniale alle punzonature di narrazione.
Ottima la prova di tutti gli interpreti, con Edoardo Leo e Milena Mancini, rispettivamente Sergio e Valeria, che vestono i loro personaggi con la stoffa pregiata dell’immedesimazione. Bene anche l’esordio della giovane Greta Gasbarri, Mia, abile nel miscelare con la giusta sensibilità le peculiarità classiche del profilo adolescenziale.
di Frédéric Pascali