Lettere dal Sahara

letteredalsahara-vittorio_de_seta

letteredalsahara-vittorio_de_seta“Non so più che pensare, sono confuso, non so più a chi appartengo. Non riesco più a pregare: che ne sarà di me?”.
Con queste parole, Assane, trentenne senegalese emigrato clandestinamente in Italia e tornato in Senegal dopo una violenta aggressione razzista, conclude il racconto ai giovani del suo paese del travagliato viaggio compiuto.
L’Odissea di Assane comincia con la traversata del deserto, prosegue con un periglioso viaggio per mare e ha come prima tappa, dopo la fuga ad Agrigento dalla polizia, una località vicino Napoli.
Qui, il giovane clandestino si unisce a dei connazionali, solidali e operosi, ma anche, alcuni, coinvolti in loschi traffici: quando la casa di uno di loro viene bruciata, Assan decide di cercare altro e si trasferisce a Prato, da una cugina.
L’arrivo nella cittadina toscana sembra, inizialmente, coincidere con l’agognata “sistemazione”: Salimata,la parente di Assane, è affettuosa, disponibile e fa di tutto per far sentire a suo agio il cugino.
Ciò nonostante, Assane non riesce ad accettare il fatto che la ragazza, affermata modella, conviva con un uomo, per di più non musulmano, e precipitosamente si dirige altrove: a Torino. A questo punto, il protagonista della nostra storia ha la fortuna di incontrare dei mediatori culturali sensibili e attenti che lo aiutano ad ottenere, tra l’altro, il famigerato permesso di soggiorno.
Purtroppo, però, proprio quando tutto pare andare per il meglio, Assane è vittima di un’aggressione pesante, insensata, gratuita, in seguito alla quale vorrà far ritorno al suo paese, alla sua famiglia, al suo mondo.

Lettere dal Sahara avrebbe, forse, potuto chiudersi qui: De Seta, invece, compie una scelta diversa e ci conduce in Senegal con Assane, mostrandoci una realtà completamente altra rispetto alla nostra, per tempi e modi di vivere e di sentire.
“Non siamo inferiori, siamo diversi e non vogliamo diventare come loro” – rivendica l’insegnante di filosofia di Assane, con dignità e giusto orgoglio. Detto questo, però, invita Assane a non arrendersi e a tornare in Italia da coloro che gli hanno voluto bene. La citazione del Corano fatta da un sacerdote cattolico in una delle tante sequenze toccanti del film racchiude, allora, il senso e il monito della vicenda umana di Assane, e di tutti noi: “Vi abbiamo divisi in tribù e nazioni perché facciate reciproca conoscenza”.


di Mariella Cruciani
Condividi

di Mariella Cruciani
Condividi