Leila e i suoi fratelli
La recensione di Giampiero Frasca e la rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguardo a Leila e i suoi fratelli, di Saeed Roustayi, Film della Critica per l'SNCCI.
Leila e i suoi fratelli di Saeed Roustayi, distribuito da I Wonder Pictures, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) con la seguente motivazione:
«Un padre padrone malato e tirannico. Quattro fratelli diversamente inetti. Una sorella che è l’unica a vederci chiaro e tenta come può di salvare tutti dalla miseria. Fluviale, feroce, tragicomico, irriverente, corrosivo spaccato del vecchio Iran patriarcale che divora i propri figli e del nuovo Iran che si ribella. Diretto da un regista nato nel 1989 e dominato non a caso dalla magnifica Taraneh Alidoosti, attrice già cara a Farhadi».
La recensione
di Giampiero Frasca
Ha toni distesi, compositi e diversificati, Leila e i suoi fratelli, terzo film di Saeed Roustayi e primo ad avere una distribuzione italiana, dopo aver vinto il premio FIPRESCI al Festival di Cannes del 2022. È un corposo dramma familiare inserito pienamente nella situazione sociale dell’Iran di ieri (l’oggi è quello delle proteste seguite all’uccisione di Mahsa Amini per non aver indossato adeguatamente l’hijab), nutrito da robuste dosi di commedia che ricordano il cinema di altre latitudini, come alcuni momenti della commedia all’italiana o del cinema americano anni Settanta ambientato nella Little Italy (o nei quartieri yiddish). All’origine della storia raccontata da Roustayi, a suo modo esemplare di una situazione culturale difficile da sovvertire, c’è il paradosso di una donna, Leila, appunto (Taraneh Alidoosti), unica stipendiata di una famiglia di fratelli imbelli, incapaci o semplicemente deboli, che mantiene perché privi di qualunque fonte di reddito che garantisca loro un’autonomia. In una società notoriamente maschilista, vittima per di più di un’autoindulgenza parassitaria, nella quale le donne sono trattate nella migliore delle ipotesi con condiscendenza, quando non con aperto astio misogino, Leila è la forza tutta femminile con cui ci si oppone alle istanze di un patriarcato indolente e fraudolento con la sola forza della logica e l’ostinazione di un eroismo quotidiano.
A dispetto della lunga durata che potrebbe allarmare sulla possibile tenuta drammatica, Leila e i suoi fratelli è un film densissimo, recitato intensamente e scritto con una non comune capacità di addensare elementi fino a renderli opprimenti. È un lungo effetto-domino verso il dramma condizionato dalla situazione economica e dalle divisioni sociali dell’Iran, alimentato dalle continue bugie dei protagonisti, vogliosi di un riscatto in una vita che ha provocato solo frustrazioni. Ed è sulla base di una finzione continua, sui costanti tentativi di aggirare gli ostacoli con furbizia disonesta anziché affrontarli con le proprie forze che il film di Roustayi procede, spiazzando deliberatamente lo spettatore, perché ogni sequenza divertente per la sua stravaganza è in realtà un passo in più verso la sconfitta definitiva dei membri della famiglia.
La regia è ferma e sicura. Lo è nei lunghi dialoghi, soprattutto in quelli tra Leila e il fratello Alireza (Navid Mohammadzadeh), che inizialmente sembra un personaggio altrettanto razionale, fino a quando non confessa il suo timore nei confronti della vita e dei suoi risvolti positivi, immagine di una sorta di rassegnazione antropologica contro la quale diventa difficile lottare. Ma la duttilità del regista è evidente anche nelle sorprendenti scene di massa, come quella delle manifestazioni contro la chiusura della fabbrica dello stesso Alireza oppure nella sequenza centrale del matrimonio del cugino facoltoso, nel corso della quale si sfiorano i sogni di una vita, dalle fondamenta talmente friabili però da accelerare vorticosamente la caduta definitiva.
Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)
Il film di Saeed Roustayi è stato accolto con entusiasmo a cominciare dalla sua presentazione presso il Festival di Cannes 2022. Elisa Battistini, su Quinlan, ha così recensito l’opera: «l’autentica sorpresa del Concorso 2022 si intitola Leila e i suoi fratelli, quarto lungometraggio del regista iraniano Saeed Roustayi (classe 1989) che orchestra un’opera di 2 ore e 45 minuti con mano da maestro consumato, realizzando un lavoro che ha il respiro dei grandi romanzi e dei grandi film».
Buona parte della critica ha collocato il lavoro di Roustayi all’interno del panorama iraniano, come Giampiero Raganelli che afferma che il film «offre un nuovo, inedito, impietoso ritratto della società persiana attuale». Altri invece hanno visto influenze più internazionali, come Alessandro Uccelli che su Cineforum scrive «chissà se l’idea di intitolare questo dramma familiare Baradan-e Leila, ovvero I fratelli di Leila voglia davvero riecheggiare Rocco e i suoi fratelli. Di sicuro l’opera terza di Saeed Roustaee ha tra i propri modelli di riferimento il cinema italiano, non necessariamente quello di Visconti, ma magari quello più popolare di Monicelli, Scola, Comencini. O forse è una suggestione indotta dal fatto che i suoi personaggi, inclusa tutto sommato la protagonista, sono brutti(ni), sporchi(ni) e cattivi(ni)».
Il tema principale dell’opera resta sicuramente il patriarcato e la rigidità di una società estrema. Lo ricorda Pier Maria Bocchi su FilmTV: «Sono affari di famiglia. A Teheran. Dove per quattro fratelli e il padre malato di cuore le illusioni della “ribalta” e del successo si scontrano con il pragmatismo di Leila, loro sorella, sua figlia. Mentre tradizionalismo, patriarcato, maschilismo, grettezza e viltà subiscono i contraccolpi di un domani che corre troppo in fretta». Gli fa eco Roberto Manassero, il quale scrive che «più che la religione e i meccanismi di una società teocratica, in questo milieu metropolitano dell’Iran contemporaneo a contare è soprattutto la struttura patriarcale di una comunità che intende perpetrare all’infinito i propri valori, escludendo le donne dal potere e negando loro il controllo dell’economia familiare anche quando disastrosa».
Simone Emiliani, su Sentieri Selvaggi, ha invece messo in relazione il film con i due precedenti diretti dal medesimo regista: «i legami di sangue sono al centro del terzo lungomaggio del trentatuenne cineasta iraniano Saeed Roustayi. Già con il suo primo film, Life and a Day, aveva affrontato il vuoto lasciato dalla partenza della figlia più giovane in una famiglia. In Leila e i suoi fratelli invece mostra come saltano gli equilibri e si mettono in pericoli gli affetti in seguito alla crisi economica». Roberto Nepoti, invece, indaga ulteriormente il legame dell’opera con la crisi economica raccontata. Scrive infatti il critico sulle pagine di La Repubblica: «Leila e i suoi fratelli è un tributo al coraggio del le donne iraniane, interpretato da un’attrice, Taraneh Alidoosti. schierata a favore delle manifesta zioni. La crisi economica sta portando alla rovina una famiglia. Lei la vorrebbe aprire un negozio; ma i risparmi dei suoi quattro fratelli non bastano. Sarebbe necessario aggiungervi le economie del padre, che ha altri due progetti».
di Giampiero Frasca