Le roman de Jim

La recensione di Le roman de Jim, di Arnaud Larrieu e Jean-Marie Larrieu, a cura di Marco Lombardi.

Come sconfiggere il rischio della retorica, e del melodramma appiccicaticcio? Attraverso un casting preciso, una sceneggiatura plausibile, e un po’ di cuore. È così che Le roman de Jim, che avremmo voluto vedere in concorso, si rivela come uno dei più bei film di questa edizione, anche dei più coraggiosi.

D’accordo, alle spalle c’è un omonimo romanzo già ben scritto, ma non è affatto mainstream, oggi, farci empatizzare con un personaggio maschile, mettendo nella lista dei cattivi una giovane donna, che è persino madre. In effetti lei, dopo aver iniziato una relazione con Aymeric, gli propone di essere il padre di fatto del figlio che sta per partorire, concepito con un uomo sposato. Quando quest’uomo si ritrova da solo, dopo aver perso moglie e figli in un incidente stradale, viene accolto – per apparente pietà – nella casa dei due, fino a diventare un padre non di fatto. Aymeric finisce per perdere tutto, lentamente, anche se il tempo speso con Jim, e il legame reciproco, non si può cancellare da un momento all’altro… si può provare, ed è quello che farà la madre, scaricando su di lui il ruolo del cattivo.

L’innocente Aymeric è Karim Leklou, che in questa edizione di Cannes è presente anche ne L’amour ouf, in un ruolo antitetico, a confermare un talento nato ai tempi de Il profeta.


di Marco Lombardi
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