Le ombre rosse
Presentato fuori concorso, lo scorso 3 settembre, alla 66ª Mostra del Cinema di Venezia, Le Ombre Rosse di Citto Maselli, è un film corale che racconta con sottile piglio ironico la sconfitta politica e sociale della Sinistra italiana di oggi.
Ai tempi dell’ultimo governo Prodi, la casuale dichiarazione di un intellettuale affermato, in visita al centro sociale Cambiare il mondo, riunisce le diverse anime della sinistra intorno al grande progetto rivoluzionario delle nuove “case della cultura”; l’entusiasmo iniziale, però, verrà ben presto spento dagli interessi e dai particolarismi delle diverse parti in causa. Seguito ideale di Lettera aperta a un giornale della sera, il film si propone, secondo le intenzioni dello stesso regista, come metafora della Sinistra dei nostri tempi. Irrimediabilmente scollata dalla realtà sociale del paese, la Sinistra è diventata, ormai, militanza reietta, politica organica al potere ma sterile nell’azione e nel pensiero. Limitandosi, però, a mostrarne le insanibili contraddizioni (i loft modernissimi e iperaccessoriati della nuova dirigenza moderata hanno ben poco in comune con le istanze radicali dei centri sociali) Maselli non giunge a una riflessione compiuta. Infatti, sebbene il film si muova su un versante simbolico/idealista, la storia non riesce a svincolarsi da una certa semplificazione del contesto rappresentato; più che velate allusioni ai principali esponenti del PD e centri sociali simili a casefamiglia, da un cineasta di rango come lui, ci saremmo aspettati, almeno, un tentativo di lettura critico dei motivi che hanno, addirittura, estromesso i comunisti dal parlamento italiano
Invece, Il film oscilla tra banale satira politica e velleità metaforiche (il titolo originario era Il fuoco e la cenere, poi cambiato con Le ombre rosse in omaggio, forzato, a John Ford!) non riuscendo a trovare una sintesi che lo salvi dagli stereotipi della tanto vituperata ideologia sinistroide. Dal punto di vista cinematografico, comunque, la pellicola ha in sé una grande forza espressiva (Maselli è un maestro), ed è proprio nelle frequenti sequenze non dialogate che la narrazione emoziona e comunica il senso universale di smarrimento che la miseria dei nostri tempi ci impone o la fiducia incrollabile nella forza di un ideale (come accade, per esempio, per la flebile e indefinita speranza sussurrata dalla scena finale). Dedicato a Sandro Curzi, il film vanta un cast eccellente e la partecipazione straordinaria di Arnoldo Foà.
di Amanda Romano