Lady Bird
Ci sono molti giovani talenti in questa commedia drammatica, candidata a cinque premi Oscar. Partiamo innanzitutto dalla regista Greta Gerwig, al suo quasi esordio dietro la macchina da presa (nel 2008 aveva diretto Night and weekends con Joe Swanberg) ma già conosciuta come attrice e sceneggiatrice di vari film indie o mumblecore (fra cui l’interessante Frances Ha firmato da Noah Maumbach). Poi ci sono la protagonista Saoirse Ronan, che dai tempi di Espiazione non smette di stupirci; Lucas Hedges, applaudito in Manchester by the Sea e Tre manifesti a Ebbing, Missouri; e Timothée Chalamet, candidato all’Oscar come migliore attore protagonista per il film di Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome. E non mancano neppure i talenti meno giovani: la bravissima Laurie Metcalf, che i più ricorderanno come madre di Sheldon Cooper nella sitcom Bing Bang Theory e Tracy Letts, attore e drammaturgo di valore (è sua la commedia da cui è stato tratto il film di John Wells I segreti di Osage County).
Lady Bird è un film interessante, raffinato nella sua semplicità molto indie, molto ben recitato, ma non certo un capolavoro, né una rivelazione
C’è talento e c’è voglia di metterlo in scena, c’è bisogno di raccontarsi, c’è autoironia unita alla malinconia. Greta Gerwig si ispira alla sua storia di ragazza frustrata di Sacramento, la meno edonista delle città californiane, come recita la frase (posta all’inizio del film) della poetessa Joan Didion, per costruire una storia di formazione con uno stile sobrio, nervoso e asciutto. Christine-Lady Bird ha i capelli rossi, la faccia tosta, la voglia di scappare via dalla quotidianità; ha la rabbia, i sogni e la fame di vivere di ogni adolescente. I suoi tormenti e soprattutto il rapporto conflittuale con la madre (ma anche quello più affettuoso e complice con il padre) sono raccontati bene. Detto questo, non ci pare il caso di gridare al miracolo per questo film, che pure è stato molto acclamato in patria e che qualcuno ha persino paragonato ai 400 colpi di Truffaut. Non scherziamo, per favore. Lady Bird è un film interessante, raffinato nella sua semplicità molto indie, molto ben recitato, ma non certo un capolavoro, né una rivelazione. Diciamo che si tratta in sostanza di un teen movie con pretese intellettuali, dove le emozioni sono fin troppo trattenute per coinvolgere autenticamente lo spettatore. Così come è difficile talvolta empatizzare con la protagonista, la cui caratteristica principale in definitiva sembra essere una buona dose di stronzaggine. Curiosità cinefila: il titolo è simile a quello di un (ben diverso, ben più grande) film di Ken Loach, Ladybird, ladybird (1994).
Trama
Anno 2002. Christine è un’irrequieta adolescente di Sacramento, che si fa chiamare Lady Bird perché odia il proprio nome di battesimo. A dire la verità odia anche la sua città e detesta la vita che le è toccata, con una famiglia che fa fatica a sbarcare il lunario, una madre devota ma esigente e un padre tenero ma fragile. Lady Bird vorrebbe andarsene, studiare in un college prestigioso: intanto si iscrive a un corso di teatro, fa diverse esperienze sentimentali e amicali, provoca le suore del liceo cattolico e soprattutto litiga con la madre.di Anna Parodi