La verità secondo Maureen K.

La recensione di La verità secondo Maureen K., di Jean-Paul Salomé, a cura di Ignazio Senatore.

E’ un osso duro Maureen Kearney (Isabelle Huppert), sindacalista di spicco della Areva, quando fiuta che Luc Oursel (Yvan Attal), un fantoccio messo a capo dell’azienda dalle alte sfere della politica, sta per svendere la tecnologia del nucleare francese ai cinesi, contatta, invano, ministri e parlamentari per bloccare un accordo che determinerebbe la perdita di migliaia di posti di lavoro. Nessuna l’ascolta, Oursel la minaccia e, un giorno, la domestica la trova legata a una sedia, imbavagliata, con una ferita sull’addome a forma di A, e con un coltello piantato dalla parte del manico nella vagina. Nel corso delle indagini il commissario si convince che Maureen, per attirare l’attenzione dei media su di sé. ha simulato l’aggressione. Lei crolla, ammette di aver inscenato il tutto ed è condannata a cinque messi di reclusione. Poi ci ripensa, fa appello e….

Dopo l’incerto “La padrina – Parigi ha una nuova regina” (2020), il regista parigino Jean-Paul Salomé affida nuovamente a Isabelle Huppert il ruolo della protagonista e dirige un film, ispirato a una storia vera, dalla doppia anima. Nella prima parte, il passo è quello del film di impegno politico; nella seconda, quello del thriller. Senza svelare il finale, messa da parte l’interpretazione di Huppert, sempre sugli scudi, il film suscita diverse riflessioni.

Innanzitutto Salomè avrebbe dovuto prosciugare una vicenda (durata 122’) che manca di quel tocco adrenalinico e sincopato che caratterizza i thriller d’alta classe. Sorprende, inoltre, come al fianco di Maureen, una Don Chisciotte che da sola si batte contro tutti per salvare migliaia di posti di lavoro, non ci siano operai e sindacalisti. Infine, non è chiaro come mai l’indomita protagonista non utilizzi i media e i social per promuovere una battaglia che, come rivelano i titoli di coda, determinò la perdita di migliaia di posti di lavoro e l’acquisizione dei cinesi della tecnologia francese.

Un’ultima amara considerazione; immaginate voi Landini, Comisso e gli altri pezzi grossi del sindacalismo italiano battersi come un leone come la Kearney? Come sempre il titolo originale (La Syndicaliste) è più secco e deciso di quello italico.


di Ignazio Senatore
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