La tigre e il dragone
Ang Lee ha compiuto un’impresa titanica. E’ riuscito a coniugare la magia di una fiaba con immagini altrettanto potenti. A tenere inchiodato lo spettatore alla sedia per oltre due ore. A rievocare le atmosfere dei kolossal di altri tempi. A conquistare l’America con il suo primo film interamente cinese. Taiwanese per nascita Lee ha costruito la sua carriera negli States e il suo nome è legato a opere estremamente diverse per genere e per cultura, da Il banchetto di nozze in cui racconta la sua Taiwan all’adattamento di Ragione e sentimento di Jane Austen o addirittura a un western come Cavalcando col diavolo.
Per realizzare La tigre e il dragone ha impiegato cinque anni. E dopo aver vinto il Golden Globe per il miglior film straniero ma soprattutto quello per la miglior regia, e aver incantato la critica statunitense (i recensori “doc” gli hanno attribuito il voto più alto), sta scalando progressivamente la top ten dei film più visti in America. Il traguardo finale è sicuramente la notte degli Oscar.
Perché La tigre e il dragone contiene tutti gli elementi che fanno di un film un capolavoro. E anche qualcosa in più. Dramma, azione, avventura. Duelli acrobatici in cui i protagonisti si affrontano, si scontrano sospesi nel vuoto, trasferiscono emozioni da un corpo all’altro senza sfiorarsi. Coreografie spettacolari, grazie al veterano Yuen Wo-Ping diventato famoso in Occidente per Matrix, in cui i duelli si fondono mirabilmente con le arti marziali.
Una Cina fantastica in cui tutto è possibile: camminare sui muri, volare sull’acqua, combattersi su di un ramo di betulla. Principesse ribelli che diventano guerrieri, banditi che diventano eroi, l’amore è il collante più forte.
Attori bravissimi. Da Chow Yun Fat a Michelle Yeoh, alla straordinaria Zang Ziyi, recente scoperta del grande Zhang Yimou. E un titolo che proviene da un antico proverbio cinese: c’è un dragone nascosto in ognuno di noi.
di Marina Sanna