La signora dello zoo di Varsavia

La signora dello zoo di Varsavia è un film tributo, tutto costruito attorno alla bellezza dolcemente antica e alla sensibilità d’attrice di Jessica Chastain, che ha anche il ruolo di produttore esecutivo (e persino di pianista, in alcune scene). Il ruolo forte, tenero e seducente di Antonina Zabinska, donna che sussurra agli animali e comprende il cuore degli uomini, potrebbe mettere Jessica in pole position per l’Oscar alla migliore protagonista femminile. Nessuno avrebbe qualcosa da ridire: Jessica è brava e magnetica e ha il merito di aver creduto fortemente in un film che porta alla ribalta una storia vera ma ancora poco conosciuta, quella di una coppia di Varsavia che durante il secondo conflitto mondiale riuscì a salvare centinaia di ebrei mettendoli al riparo in quello che restava dello zoo cittadino distrutto dai nazisti. La loro vicenda era stata raccontata nel romanzo di Diane Ackerman Gli ebrei dello zoo di Varsavia, ispirato in parte ai diari di Antonina Zabinska e ora approda sul grande schermo con Niki Caro, regista neozelandese con un debole per le storie di donne forti, da La ragazza delle balene a North Country – La storia di Josey.
Diciamo subito che La signora dello zoo di Varsavia è un buon film, solido e coinvolgente, che offre un punto di vista originale su una tragedia, quella della Shoah, che il cinema ha raccontato molte volte, spesso con esiti altissimi, da Schindler’s List di Spielberg a Il pianista di Polanski. Qui la follia della guerra e della persecuzione nazista viene rappresentata efficacemente tramite la distruzione improvvisa di un mondo felice, quello costruito da Jan e Antonina, che amano gli animali, il loro bambino e tutte le persone che ogni giorno varcano i cancelli del loro zoo per trovare un’occasione di curiosità e divertimento. Da quel momento tutto precipita, ma non l’umanità dei due coniugi, che resistono alla paura, alla brutalità, alla gelosia, al sospetto.
La buona ricostruzione storica, gli irresistibili momenti con gli animali, i costumi indovinati sono pregi indiscutibili del film, oltre naturalmente all’eccellente prova di tutto il cast, con Jessica Chastain in testa, bella e luminosa, delicata e indistruttibile. La signora dello zoo di Varsavia però non riesce ad elevarsi oltre i limiti di un buon prodotto: è adatto anche a un pubblico di famiglie, complice anche l’ambientazione e volutamente evita di essere troppo crudo o – anche – troppo inventivo. La fotografia dà un tono fin troppo oleografico, regia e sceneggiatura sono corrette ma senza guizzi. Si tratta, lo ribadiamo, di una scelta, perché i guizzi a volte si pagano cari, mentre la convenzionalità spesso funziona quando si tratta di rivolgersi a un vasto pubblico e magari di puntare all’Oscar. Ma si tratta comunque di un’operazione da valutare positivamente. Nota: in due momenti della vicenda compare il dottor Janusz Korczac, che rifiuta ogni possibilità di salvezza per essere vicino ai bambini del suo orfanotrofio durante la deportazione. A lui Andrzej Wajda ha dedicato nel 1990 un film, Il dottor Korczac, quello sì davvero memorabile. Ma fa piacere ritrovare anche qui questa figura di medico ed educatore, eroico e umanissimo insieme.
Trama
1939. Jan Zabinski dirige lo zoo di Varsavia insieme alla moglie Antonina, particolarmente abile a trattare con gli animali. La loro vita scorre felice, fra il lavoro e il figlio Rys. Ma la Seconda Guerra Mondiale è alle porte. I nazisti invadono la Polonia, distruggono quasi tutto lo zoo e spediscono a Berlino gli animali più pregiati. I coniugi Zabinski cercano di reagire alla barbarie come possono, utilizzando i sotterranei dello zoo per salvare gli ebrei perseguitati. Per far questo devono ricorrere a un sotterfugio (avviare un allevamento di maiali come copertura alla loro attività clandestina) e sopportare la scomoda convivenza con Lutz Heck, zoologo del Terzo Reich, impegnato in esperimenti per riportare in vita il mitico uro estinto e pericolosamente interessato ad Antonina.di Anna Parodi