La scelta di Leone
“L’Italia ha dimenticato la propria storia?”. “Ma tu che vieni qui a studiare la poesia, la letteratura, la storia, a cosa credi?”. Ed ancora: “Che cosa significa essere giovani di fronte alla storia?”.
Tali quesiti si distendono nell’aria nitidamente mentre davanti ai nostri occhi scorrono immagini dei ragazzi italiani degli anni duemila. Conversano tra loro, sorridono, scherzano, leggono, vivono una dimensione sociale e di studio certamente figlia del loro periodo e totalmente distante dalle vicende che hanno consentito loro di esistere in una realtà democratica che i loro nonni hanno dovuto conquistare più di settanta anni fa lottando, spesso rischiando la vita.
Quello appena descritto è l’incipit del documentario intitolato La scelta di Leone, realizzato nel 2016 da Florence Mauro. Le domande fondamentali che aprono il film (così come le inquadrature che scorrono quasi traballanti sui visi dei ragazzi) si fanno ancor più sostanziose, tangibili e reali se si riflette sul fatto che l’opera è dedicata a una delle figure centrali della cultura italiana: Leone Ginzburg.
L’autrice francese, già artefice di un volume pubblicato in Italia da Donzelli (Vita di Leone Ginzburg – Intransigenza e passione civile, 2013) ha realizzato un ritratto del grande intellettuale italiano preciso e per certi versi impressionante, pur nella pacatezza assoluta della narrazione.
Di Ginzburg in questo documentario è, infatti, emerso con chiarezza il portentoso spessore intellettuale e umano. Direttore editoriale della Casa Editrice Einaudi, traduttore, letterato, Leone fu attivo politicamente (in Giustizia e Libertà) e antifascista, pagando questa sua scelta coerente e coraggiosa con la morte, avvenuta nel 1944 nel carcere di Regina Coeli a Roma (a causa delle torture a cui era stato sottoposto).
Il suo retroterra culturale, di matrice ebraica e di radici russe (nacque a Odessa nel 1909), rappresentò il valore aggiunto per una mente aperta, curiosa, profonda che visse una straordinaria stagione culturale in compagnia di amici come l’editore Giulio Einaudi, lo scrittore Cesare Pavese, il filosofo Norberto Bobbio, il saggista (nonché futuro parlamentare e direttore editoriale di Frassinelli) Franco Antonicelli, il musicologo Massimo Mila. Inoltre, è delineato in modo toccante anche il suo intenso rapporto la moglie: la scrittrice Natalia Ginzburg (Levi).
La ricostruzione della complessa vita del “co-fondatore” della casa editrice Einaudi è scandita tramite tutti i più importati episodi che hanno costellato i suoi anni. Dall’infanzia (con le sue vacanze italiane) alla vita torinese (dopo il definitivo trasferimento avvenuto nel 1923), dal fermento intellettuale all’amore per Natalia, dall’impegno politico contro la dittatura fascista al confino (a cui fu sottoposto dal regime), fino alla sua tragica fine.
Il documentario, basato sulla connessione di immagini di repertorio, fotografie d’epoca e sequenze girate ai giorni nostri, trova i suoi passaggi più toccanti proprio quando la macchina da presa inquadra la Torino contemporanea, in special modo l’area nebbiosa e placida del Po. Improvvisamente, la narrazione si fa più sospesa, quasi poetica, si avverte in modo netto l’assenza di questo grande intellettuale che scelse con forza e convinzione, non solo di dedicare la sua esistenza alla letteratura e alla cultura, ma anche di voler essere (interiormente) italiano e di voler contribuire, a rischio della propria incolumità, a rendere questo paese libero e democratico.
TRAMA
Documentario dedicato alla figura centrale per la cultura italiana di Leone Ginzburg: tra i fondatori della Casa editrice Einaudi, e suo direttore editoriale, traduttore, docente e militante antifascista.
di Maurizio G. De Bonis