La petite
La recensione di La petite, di Guillaume Nicloux, a cura di Emanuele Di Nicola.
La questione della maternità surrogata, quasi inedita sullo schermo, viene messa al centro de La petite di Guillaume Nicloux. Il protagonista è Joseph (Patrice Luchini), un anziano francese che risponde a una telefonata e apprende la tragedia: il figlio e il compagno, una solida coppia gay, sono morti in un incidente aereo. Dinanzi al dramma Joseph rievoca il rapporto controverso con la prole, non solo per l’omosessualità ma forse anche per quella, ma ricorda soprattutto un altro particolare: i ragazzi stavano aspettando un bambino, attraverso una giovane madre surrogata che presta loro il ventre. Di più, l’attesa della nascita era diventata motivo di vita, appena prima della scomparsa.
Joseph si trova davanti all’indifferenza generale: meglio lasciar correre, elaborare il lutto e provare a ripartire, come fa notare la figlia, la famiglia del partner e il mondo intorno. Troppo complessa la questione, perché prenderla di petto? Perché reclamare un bambino non nato? Ma Joseph non ci sta: sente che quel nascituro è anche suo, che in esso può rinvenire traccia del figlio svanito e insieme diventare nonno. Trova la madre surrogata ovvero Rita (Mara Taquin), una giovane belga dal carattere aspro e in difficoltà economica, che per questo ha accettato di prestarsi alla gravidanza sotto compenso illegale. Parte quindi un movimento che porta Joseph dalla Francia a Belgio, nella città di Gent, per incontrare la ragazza e convincerla a dare una vita dignitosa alla piccola, che sarà una femmina, senza gettarla nell’indifferenza dell’affido.
Molti nodi si intrecciano nei novanta minuti de La petite ma, ecco la sua forza, lo fanno naturalmente e vivendo nel tessuto del racconto, tenendosi lontano dalla politica. La questione etica è già implicita nella storia, naturalmente, ma l’approccio è soprattutto umanista. Come si può definire l’aspirante nonno di una bimba che deve ancora nascere? Qual è il legame tra un anziano signore e la mamma surrogata del figlio scomparso? C’è un debito tra loro o i due sconosciuti non si devono niente? L’intreccio, come detto, punta tutto sul piano umano: all’inizio Joseph prende la porta in faccia, poi gradualmente riesce ad entrare in contatto con Rita, ferina e riottosa, erba folle di una classe operaia in crisi perenne, la quale però sarà in grado di riconoscere vicinanza e solidarietà. La soluzione? Formare una famiglia nuova, che qualcuno direbbe disfunzionale, ma che vanta invece una funzionalità diversa e più compiuta. Alla riuscita del film partecipano le interpretazioni che, oltre al consueto Luchini, passano per la prova naturalista di Mara Taquin che sostiene mirabilmente la ruvidezza della banlieue fiamminga. Alla fine, nell’immagine del padre-nonno, c’è la certezza che oggi esiste un nuovo modo di fare figli e risuona la massima millenaria di Plinio il Vecchio: “La casa è dove si trova il cuore”.
di Emanuele Di Nicola