La notte del 12

Francesco Di Brigida recensisce per CineCriticaWeb "La notte del 12", il film di Dominik Moll distribuito nelle sale italiane dal 29/09.

La notte del 12

In un’epoca dove le rappresentazioni dell’investigazione poliziesca si sono inerpicate tra narrazioni in puntate e poi in serie, il genere noir, attraverso il suo sottogenere polar, se proposto con i giusti crismi, ha dimostrato certe volte di poter accontentare il pubblico quanto la critica. È il caso di questo film di Dominik Moll. In Italia è in sala dal 29 settembre, ma La notte del 12 ha già lasciato il segno nell’estate cinematografica francese, rimanendo quattro settimane nella top ten d’oltralpe. L’incasso? 450.000 euro, rivelandosi, a sorpresa, un piccolo fenomeno di passaparola. Felici meccanismi pre-Covid che ci auguriamo colpiscano in ordine sparso anche le prossime buone uscite nel nostro paese.

Moll attinge dalla voluminosa fonte di casi raccolti da Pauline Guéna nel suo libro inchiesta 18.3: Une année à la PJ, frutto di un anno di osservazione presso un dipartimento di Polizia Giudiziaria francese. Il caso affrontato dal film ci porta quindi a Grenoble, dove la squadra capitanata da Yohan (Bastien Bouillon) dovrà indagare su un brutale omicidio commesso in un vicino paese di montagna: un’adolescente bruciata viva mentre rincasava di notte. Nessun testimone.

Nella messa in scena estremamente lineare e rigorosa, il regista non si lascia tentare da osservazioni morbose della violenza, ma la racconta attraverso sguardi enigmatici e testimonianze, colloqui scritti con un equilibrio mirabile, dove ogni parola della sceneggiatura assume il proprio peso insostituibile e sufficiente a tenere la corda dell’attenzione tesa dall’inizio alla fine. Ci parla di femminicidio, facendo sfilare una serie di personaggi che compongono, da una parte, un mosaico poliziesco fatto di sospettati, interrogatori, possibili indizi e idee per nuove piste; ma, dall’altra, lascia emergere una varietà assortita di relazioni tra uomini e donne. Dall’estremo dell’omicidio alla vita sessualmente libera di una giovane, dall’amore all’ossessione, dal lutto dei genitori al divorzio di uno dei poliziotti, passando per violenze taciute tra le mura domestiche. Il fil rouge è proprio questo poliziotto compassato, che vive la sua ossessione per il caso da risolvere con devozione alla causa.

Moll assegna al protagonista che indaga in borghese l’hobby del ciclismo su pista. Giri continui sempre sullo stesso percorso, a sera, dopo il lavoro. Ripetitivi, infiniti, verso una noia che lui non prova mai. La sfida gliela leggi negli occhi, invece. Questo sport rappresenta metaforicamente proprio il girare concentrico di un investigatore, forse a vuoto o forse no, intorno a un inafferrabile colpevole. Piccolo saggio sulla sanità dell’incompiutezza, sul lasciar correre, sull’accettazione, anche dopo aver fatto il massimo, pur senza giungere al suggello agognato del risultato, La notte del 12 è un polar che scava nello spettatore attraverso più livelli. La mera indagine e l’introspezione di Yohan sono soltanto i due binari in superficie, il resto è una scoperta affidata al nostro sguardo.


di Francesco Di Brigida
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