La meglio gioventù

lamegliogioventù

lamegliogioventùLa meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, presentato a Cannes nella sezione “Un certain regard” e dal 20 giugno nelle sale italiane, ricostruisce attraverso le vicende, private e non, di due fratelli, quaranta anni di storia italiana.

L’autore traccia un vero e proprio affresco, nel quale non manca nessuna delle tematiche cruciali degli ultimi decenni: la ribellione giovanile del ’68, la sofferenza mentale, il terrorismo, la crisi delle fabbriche e i conseguenti licenziamenti. Seguendo con grande affetto e partecipazione le esistenze di Matteo (Alessio Boni) e Nicola (Luigi Lo Cascio), il regista di I cento passi realizza un’opera quasi epica, simile per spirito e atmosfere al monumentale Heimat di Edgar Reitz. Tra l’altro, nel film stesso, i due fratelli vengono, ad un certo punto, accostati rispettivamente ad Aiace e Achille: in effetti, soprattutto Matteo, con la sua irriducibilità e il suo rifiuto viscerale della sofferenza, non ha nulla da invidiare all’eroe omerico.

lamegliogioventùNicola e Matteo condividono, inizialmente, passioni ed entusiasmi poi, come spesso succede, le loro strade si dividono: il primo diviene psichiatra e lotta, con tutto se stesso, per il recupero dei malati; il secondo, spinto dal bisogno di regole da applicare per dare ordine ad un mondo tutt’altro che perfetto, si arruola nell’esercito. Pur nella diversità dei caratteri e delle scelte, i due fratelli, e tutti quelli che li circondano, si muovono e agiscono animati da un’idea oggi assai poco diffusa: quella di poter, se non cambiare, almeno in parte, migliorare il mondo. In questo senso, Matteo e Nicola costituiscono davvero “la meglio gioventù” e il film suscita in chi guarda una grande nostalgia e tenerezza nei confronti di una gioventù e di una società senz’altro non pacificate ma anche, per dirla sempre in termini pasoliniani, ricche di una disperata vitalità.

Giordana ci ricorda che quello in cui viviamo non è l’unico mondo possibile: ci sono stati altri tempi, altri valori, altre esperienze che, pur tra contraddizioni e limiti, possono ancora insegnarci qualcosa. Non si tratta di rimpiangere o inseguire chimericamente il ritorno di una mitica età dell’oro, bensì di recuperare quell’attenzione, quella sensibilità, quella partecipazione che sembra quasi scomparsa dalla odierna civiltà. In fondo, basterebbe che ognuno mostrasse verso l’altro la sollecitudine che Giorgia, forse il personaggio più bello e struggente del film, esprime nei confronti di una semplice piantina: “Deve bere, sennò muore…”.
Abbiamo tutti bisogno di coltivare la nostra umanità: Giordana, da artista vero, con questa opera poetica e impegnata, ci aiuta a farlo!


di Mariella Cruciani
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