Io e Napoleone
Sulla scorta del romanzo di Ernesto Ferrero N, Paolo Virzì sperimenta la commedia in costume – senza il timore di apparire inattuale – e realizza un film elegante, divertente, ben calibrato, sorretto da una formidabile squadra di attori. Elio Germano è Martino Papucci, giovane poeta idealista e libertario, terzo figlio di una famiglia di commercianti dell’Isola d’Elba.
Quando, nel 1814, Napoleone arriva in esilio sull’isola, Martino (che ha appena perso il suo lavoro di maestro per via delle sue idee politiche) osserva con disprezzo i conterranei che fanno a gara per tributare onori all’imperatore. Martino detesta Napoleone, lo considera responsabile del massacro di migliaia di innocenti: perciò quando gli viene proposto di diventare segretario di Bonaparte accetta solo per avere l’occasione di ucciderlo. Ma le cose non andranno come previsto. Mancherà il momento giusto per eliminare l’imperatore, mancherà forse anche il coraggio, e Napolone riuscirà prima ad affascinare Martino con la forza della sua personalità, ma anche a deluderlo ulteriormente e tradirlo su diversi fronti.
N – Io e Napoleone è una storia di ideali perduti e di addio alla giovinezza – sono molti i tratti in comune con uno dei migliori film di Virzì, Ovosodo – in cui la malinconia e la disperazione (come nella scena della fucilazione del maestro) si alternano ai momenti divertenti, con tocchi grotteschi per la verità non sempre riusciti. Elio Germano è ammirevole, Daniel Auteuil è un ottimo Napoleone, il coro di interpreti che ruota attorno a Martino e al Bonaparte funziona benissimo (anche Monica Bellucci, autoironica). Al film, che conta anche su un solido impianto scenografico, manca forse uno scatto in più, un moto di cattiveria, di imperfezione, di autentica ribellione.
di Anna Parodi