Inside Man

inside_man-spike_lee-locandina

inside_man-spike_lee-locandinaUna rapina perfettamente organizzata e una cassetta di sicurezza che nasconde un oscuro segreto potrebbero essere alla base di un qualsiasi action-movie. Di certo non sono gli ingredienti fondamentali dell’ultimo film di Spike Lee. Qui c’è molto di più. Innanzi tutto, ci sono personaggi finemente tratteggiati, i quali svelano quanto, nella società americana (e non solo), i rapporti di potere contino più di una manciata di diamanti. Nel film, sono rappresentativi di questa categoria di persone: il presidente del consiglio d’amministrazione della banca (Christopher Plummer) e l’intermediaria senza scrupoli (Jodie Foster). Il primo cela, dietro una maschera di rispettabilità, un passato vergognoso. La seconda, mentre fa da mediatrice tra polizia, banchiere e rapinatori, incassa ingenti quantità di denaro. Il personaggio “più pulito”, perché onesto e privo di segreti, è l’agente Frazier (Denzel Washington). Egli, nel suo ruolo di negoziatore, si troverà a confrontarsi (e scontrarsi) con un meccanismo più grande di lui.

Un discorso a parte, nella rappresentazione dei personaggi, merita il capo dei rapinatori, il quale è anche colui che introduce il film, presentandosi e definendo quelli che sono, come lui stesso dirà, “il dove”, “il quando”, “il perché” e “il come” della vicenda. Lui, è Dalton Russell (Clive Owen), ed è contemporaneamente, rispetto al film stesso, dentro e fuori: narratore ma anche parte attiva della storia. La rapina in banca, dunque, è il perno attorno al quale ruota l’intera vicenda, ma è anche un modo per analizzare la società americana. Importante a tal proposito, la sequenza in cui in cui rapinatori e ostaggi (entrambi vestiti allo stesso modo e con il volto coperto) escono dall’edificio bancario.Vediamo un groviglio di corpi che corrono, urlano, si mescolano e si confondono. Non è più possibile, non solo la distinzione tra “i buoni” e “i cattivi”, ma anche tra i diversi gruppi ed etnie facenti parte di una società multietnica, quella americana appunto. Nella folla si annullano le differenze (e quindi troviamo, indirettamente, anche il tema del razzismo).

Scorrono i titoli di testa, una musica orientaleggiante ci guida alla scoperta dell’enorme edificio della Manhattan Trust. Attraverso un montaggio alternato vediamo, ora le imponenti statue della facciata esterna della banca, ora il camion guidato dai rapinatori…Così ha inizio Inside Man. Il seguito rivela la solidità della sceneggiatura, l’abilità registica di Spike Lee, la bravura degli attori; il tutto per unificare l’efficacia dello spettacolo con una implicita ma incisiva critica dell’odierna società USA.


di Sara Libutti
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