Ingannevole è il cuore più di ogni altra cosa

asia argento

asia argentoContrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, protagonista indiscusso del film tratto da Asia Argentodal romanzo di J. T. Leroy, non è Jeremiah, il bambino, bensì il personaggio femminile, sua madre Sarah, interpretato dalla stessa Argento. Con un masochismo sinistro, pari soltanto a quello del personaggio di Bess ne Le onde del destino di Trier, Asia Argento attrice sembra compiacersi nel dare, letteralmente, corpo ad una figura femminile volgare, folle, devastata e devastante. Naturalmente, come sempre accade nella realtà, anche in questo caso, i carnefici sono stati, a suo tempo, vittime: Sarah proviene da una famiglia di veri e propri maniaci religiosi e a 23 anni compiuti continua ad essere gelosa delle presunte attenzioni dei suoi genitori (Peter Fonda/ Ornella Muti) nei confronti del piccolo Jeremiah.

Il rapporto madre-figlio, allora, non è assolutamente tale: Sarah dorme con il pollice in bocca, proprio come i bambini, nei rarissimi momenti di tregua con se stessa supplica Jeremiah di non abbandonarla e il figlio è senz’altro più forte e cresciuto di lei. Non a caso, la sequenza più significativa di questa pellicola gelida e disturbante è quella in cui la madre piange disperata, perché il cielo è pieno di fuoco nero, e il figlio l’abbraccia e la rassicura. Un’immagine che, da sola, riassume l’intero senso del film: il piccolo subisce davvero di tutto da parte della genitrice e dei suoi compagni ma non può, per questo, smettere di amarla.

Quanto più la madre è crudele, ricattatrice, ostinatamente senza pietà, tanto più il bambino si lega a lei e con lei e per lei attraversa ogni sorta di inferno, uscendone, però, miracolosamente illeso, dentro e fuori. E’, forse, qui la debolezza del film: se la spietatezza e il dolore di Sarah sono, allo stesso tempo, repellenti e verosimili, il candore e la purezza incontaminati, nonostante tutto, di Jeremiah finiscono per fare del bambino un personaggio, per certi versi, poco convincente. Alla fine, si crede molto di più a questa madre senza speranza e senza riscatto che non al piccolo angelo biondo che non riesce a separarsi da lei. La sequenza horror finale, nella quale, sulla scia de I diabolici di Clouzot, Sarah rediviva, all’ospedale, stacca la flebo del bambino, si impadronisce nuovamente di lui e con lui riprende il suo viaggio tra alcol, droghe, prostituzione, amanti occasionali, sancisce definitivamente quest’impossibilità.
Niente e nessuno può spezzare il legame simbiotico madre-bambino: un road movie claustrofobico, carico di disperazione in cui l’unico sprazzo di residua umanità è costituito dalla pietà che Jeremiah nutre e coltiva per la disgraziata madre.


di Mariella Cruciani
Condividi

di Mariella Cruciani
Condividi