Il dolce e l’amaro
Il pericolo maggiore che corrono gli autori cinematografici che intendono girare film sulla mafia è quello di celebrare la mitologia di Cosa Nostra, cioè di rendere involontariamente attraente il tragico sistema-mafia e di far diventare degli assassini eroi, i criminali simpatici. In questo gigantesco errore sono caduti praticamente tutti i grandi registi, compresi due maestri come Coppola e Scorsese.
Ebbene, ciò non è accaduto ad Andrea Porporati, il quale con Il dolce e l’amaro ha saputo realizzare un affresco credibile e drammatico del mondo mafioso. Ha messo al centro della sua elaborazione una figura emblematica: quello che in gergo mafioso viene denominato “soldato”, cioè uomo d’onore destinato ai lavori più sporchi e pericolosi, un individuo che non farà mai carriera all’interno di Cosa Nostra. Porporati, attraverso il suo personaggio, mette a fuoco perfettamente la logica della mafia, una logica perversa, putrida, per nulla onorevole. C’è una frase importantissima che a un certo punto un grande boss dice al protagonista: “Ricordati, nessuno tradisce meglio di un amico”. Proprio in questa affermazione è rintracciabile la vera natura della mafia, organizzazione parallela allo Stato che dice di voler “fare giustizia” e che invece conosce solo la legge del più forte e del più spietato.
Saro, il picciotto pronto a tutto, è manipolato, utilizzato, spinto a compiere omicidi e addirittura ad eliminare il suo capo-famiglia. La ricompensa per il suo lavoro sarà la sua stessa fine. Sarà proprio quando il personaggio centrale diventerà consapevole del suo destino che la sua visione del mondo cambierà, che le certezze sulle quali aveva basato la sua esistenza perderanno consistenza, fino a scomparire. Andrea Porporati ha edificato una vicenda al cui centro c’è un soggetto realmente tragico, un uomo che riesce a comprendere il suo mondo solo quando i suoi “fratelli” cercheranno di eliminarlo. Saro, interpretato da un ottimo Luigi Lo Cascio, è così così di fatto strumento di approfondimento antropologico e psicologico, di analisi dell’universo mafioso, delle sue storture, delle sue nefandezze. Non c’è nulla di eroico e mitologico nei mafiosi, poiché non può esservi nulla di eroico e mitologico in chi pratica il tradimento tutti i giorni e la sopraffazione violenta dell’uomo sull’uomo.
Il dolce e l’amaro presenta alcuni passaggi di grande forza e impatto emotivo (sempre lucido, però) e almeno una scena strepitosa, riguardante una rapina. Peccato per un finale poco comprensibile e stravagante che lascia lo spettatore in una condizione di straniamento non proprio gradevole. Nonostante ciò, Il dolce e l’amaro è un film solido, compatto, ben girato e recitato e soprattutto, lo ribadiamo, eticamente impeccabile.
* per gentile concessione di CineMotion s.r.l.
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di Maurizio G. De Bonis