Il Cavaliere Oscuro

cavaliere_oscuro

cavaliere_oscuroSei regie cinematografiche all’attivo. Tra queste due opere di grande successo: Memento del 2000 eBatman Begins del 2005. Del 2002 è Isomnia, un film con Al Pacino; mentre il 2006 è l’anno di The Prestige, lungometraggio poco noto ma di notevole spessore. Christopher Nolan, regista inglese di trentotto anni, è una delle firme più autorevoli ora in attività. Soprattutto per quel che riguarda le tematiche affrontate, rappresenta uno dei casi più interessanti e complessi del panorama internazionale. La questione della realtà, il ruolo della memoria, il problema del punto di vista sul mondo, il rapporto tra bene e male. La poetica di Nolan, anche sceneggiatore, appare decisamente densa, base perfetta per l’elaborazione di lungometraggi che non siano mai solo prodotti meri commerciali.
Esempio lampante di questa impostazione creativa è proprio la sua ultima fatica artistica: Il cavaliere oscuro.
Il film, ennesimo “episodio” della saga Batman, ha tutte le carte in regola per essere considerato una gigantesca e perfetta operazione commerciale. La prova di ciò sono gli incassi enormi che sta facendo negli USA e quell’apparato espressivo basato su un dispositivo produttivo di grandissima portata. Anche gli aspetti puramente tecnici e visuali sono riconducibili, grazie al sofisticato uso delle tecnologie digitali, ad un’impostazione di tipo industriale, concepita in modo particolare per colpire il pubblico dei giovanissimi.
Eppure, ne Il cavaliere oscuro c’è qualcosa di più. Nolan ha infatti, da sempre, uno sguardo cinematografico cupo ed enigmatico, esattamente come cupo ed enigmatico è il tessuto narrativo di questa sua ultima prova. Gotham City sembra una sorta di luogo dove si concentrano tutte le umane debolezze e gli impossibili aneliti alla bontà. Ma l’intreccio dei sentimenti individuali rende tutto molto confuso. Il bene, il male, la legge, la giustizia, la criminalità, la vendetta, il caos, l’anarchia, la solidarietà, l’amicizia, l’odio, la brutalità, l’eleganza, la disperazione, il sogno. Ogni fattore è rimescolato in una dimensione umana imperscrutabile. Chi fa del bene è considerato allo stesso tempo un terrorista, chi sembra essere il più alto e ottuso rappresentate del male, Joker, si lancia in discorsi filosofici inquietanti e destabilizzanti, ma acuti. E infine chi rappresenta la legge e l’ordine in modo apparentemente autentico nasconde un lato oscuro, appunto, incline alla violenza e alla vendetta. Quello dipinto da Nolan è un mondo indecifrabile, contraddistinto da una vena evidente di follia, un mondo che solo apparentemente produce sicurezze ma che in verità è caratterizzato dall’incertezza più assoluta.

L’impianto visuale costruito dal regista inglese si adatta perfettamente al tono angoscioso della sceneggiatura. Le inquadrature sono tenebrose, spesso notturne. Abbondano gli interni spogli, quasi delle caverne (vedi la base segreta di Batman), gli ambienti claustrofobici e caotici ma è riscontrabile anche un minimalismo freddo, funereo, quasi astratto. Mentre gli esterni hanno spesso un’atmosfera tendenzialmente metafisica, ma anche un’impostazione architettonica che, fotografata con luce algida, fa tornare in mente una concezione urbanistica tipica dei regimi dittatoriali del Novecento, sia di stampo fascista che di quello più vicino al socialismo reale.
La visione del mondo di Nolan è dunque disperata, così come disperati sono tutti i personaggi da Batman a Joker, dal poliziotto integerrimo al procuratore paladino della legge.
Peccato solo che la sceneggiatura presenti delle falle evidenti e che in conclusione il groviglio del racconto, molto disorganico, rimanga un passo indietro rispetto alla perfezione della struttura formale/visuale.


di Maurizio G. De Bonis
Condividi

di Maurizio G. De Bonis
Condividi