Il cacciatore di aquiloni

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il_cacciatore_di_aquiloni-imgIl trailer del film, diretto da Marc Foster (Monster’s ball, Neverland) e tratto dal romanzo di Khaled Hosseini, lascia presagire una grande storia di amicizia, sullo sfondo dell’Afghanistan degli ultimi quaranta anni. In realtà, piuttosto che ad un’esaltazione della lealtà e dell’affetto reciproci, lo spettatore è di fronte ad una vicenda dura e crudele in cui, dall’inizio, è evidente la sproporzione di sentimenti fra i piccoli protagonisti: uno, figlio di un ricco e nobile proprietario di Kabul, l’altro, figlio di un servitore che appartiene all’etnia Hazara. In questo senso, Il cacciatore di aquiloni fa pensare a Novecento di Bertolucci in cui, analogamente, il figlio del padrone e il figlio del contadino attraversano il secolo, vivendo i momenti della Storia, essendo prima molto amici, poi nemici.

Nel film di Foster, quello che interessa non è, però, il rapporto tra i due, perché diventa ben presto chiaro che protagonista, nel film e nella vita, è soltanto il “padroncino”. Per difendere quest’ultimo e riportargli l’amato aquilone, il bambino Hazara subisce un’orribile violenza. Il figlio del padrone assiste, non visto, alla terribile scena e, non solo, non fa nulla per impedirla, ma, successivamente, accusa l’amico di furto per costringerlo ad andarsene dalla casa. Ad allontanare ulteriormente i due, contribuiscono, poi, i fatti della Storia: l’invasione russa, prima, e i talebani, dopo.Il “padroncino” abbandona l’Afghanistan ed emigra in California finchè, anni dopo, il destino gli offre la possibilità di riscattarsi: il figlio dell’amico di un tempo, a sua volta vittima di violenza, ha bisogno di aiuto.

Questa volta, il ragazzo, ormai diventato adulto non fugge e, riuscendo a portare in salvo il piccolo, redime,in qualche modo, se stesso e il suo passato.E’ evidente, allora, come Il cacciatore di aquiloni, più che la storia di un’amicizia, sia un vero e proprio racconto di formazione, oltre che un atto d’accusa contro i fondamentalisti islamici e i talebani. In definitiva, il film aspira, ambiziosamente, ad essere, insieme, racconto epico e di buoni sentimenti: così facendo, però, finisce per oscillare tra registri diversi e per perdere verità e intensità.


di Mariella Cruciani
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