I pionieri
Ignazio Senatore recensisce il film di Luca Scivoletto.
Comiso, 1990. Enrico Belfiore (Mattia Bonaventura) vorrebbe andare alla festa di un compagno di classe ma non può, perché i genitori del ragazzino sono di destra. Enrico, (nome scelto non a caso dai suoi, in omaggio a Berlinguer), non può possedere nessun oggetto made in USA o che sia simbolo del capitalismo, né sognare una vacanza “normale”. Anche quest’anno, infatti, come sempre, sarà costretto a fare il giro delle sezioni comuniste con il padre Michele (Peppino Mazzotta), aspirante segretario regionale del partito. Stufo delle angherie, il ragazzo decide di contattare Renato (Francesco Cilia), il suo migliore amico, e lo convince a fuggire di casa con il pretesto di ricostruire il glorioso gruppo dei “pionieri”, risposta comunista ai boy scout, estinto da anni. Armati di tenda e qualche provvista, s’incamminano in un bosco assieme a Vittorio Romano (Danilo Di Vita), un ragazzone, figlio di un fascista locale, che li bullizza a scuola, facendosi consegnare tutti i giorni le loro merende. Incontreranno lungo il cammino Margherita (Matilde Fazio), una ragazzina dolce e silenziosa, scappata anche lei dal campeggio dei figli americani della base Nato di Comiso….
Il film, delizioso, classico racconto di formazione, ha un tono scanzonato ed è arricchito da dialoghi gustosi e divertenti. Scivoletto, all’esordio, delinea bene i giovani protagonisti; Enrico é un ragazzino disilluso che vorrebbe condurre una vita “normale” e spensierata, ma, a differenza di Chiara, la sorella maggiore, non è riuscito a smarcarsi dalle assurde imposizioni dei genitori. Troverà sulla sua strada la dolce Margherita, anche lei afflitta dai suoi stessi mali, nella quale si specchierà, e vivrà con lei una tenera storia d’amore. Renato, invece, timido, grassottello e occhialuto, vive nel ricordo del padre comunista e, assumendo i suoi stessi atteggiamenti, ripete, come un vecchio stalinista, gli slogan cari al partito. Vittorio Romano, invece, un gigante “primitivo”, perennemente affamato, scevro da ogni ideologia, li segue solo per curiosità ma riuscirà ad integrarsi con loro.
L’originalità dello script è nel non aver messo in campo i soliti pre-adolscenti velleitari, antipatici e spocchiosi che giocano a fare i superuomini ma, all’opposto, Scivoletto, coadiuvato in sede di sceneggiatura da Eleonora Cimpanelli e Pier Paolo Pirone, sottolinea le loro fragilità e insicurezze. Il dito è puntato sui genitori dei giovani protagonisti; fanatici e intransigenti, non solo perché li trascurano ma perché non provano minimamente a sintonizzarsi con loro e a immaginare quali possano essere i loro reali bisogni e desideri. La benevola presa in giro dei dirigenti comunisti di allora, strappa più di un sorriso. Lorenza Indovina è brava nei panni della madre di Enrico, ma il personaggio più indovinato è quello del fantasma di Berlinguer (Claudio Bigagli), che compare, di tanto in tanto in scena, come consigliere del tentennante e smarrito Enrico. Nel cast il compianto Roberto Nobili nei panni del comandante dei carabinieri, Maurizio Bologna in quelli del padre di Vittorio Romano ed Eleonora Danco in quelli della madre di Renato.
di Ignazio Senatore