I diari della motocicletta

i diari della motocicletta

i diari della motociclettaCome per i grandi scrittori europei del XIX° secolo, anche per il giovane argentino di origine borghese Ernesto Guevara, il viaggio significò innanzitutto completamento della propria educazione. Viaggio di formazione dunque che tuttavia nel caso specifico del futuro “guerrillero heroico”, volle essere anche e soprattutto presa di coscienza delle diseguaglianze sociali e delle contraddizioni in cui si dibatteva e si dibatte il continente latinoamericano, la “Nuestra America”, secondo le parole del grande poeta, intellettuale e uomo politico cubano Josè Martì, senza la cui opera, forse, non avremmo mai conosciuto il Che Guevara.

Come è noto, egli compì ben due viaggi attraverso il continente, giungendo nel secondo fino in Guatemala. Con l’amico, futuro biologo, naturalizzato cubano Alberto Granado, parte da Buenos Aires con una vecchia motocicletta Norton e giunge fino in Venezuela, passando attraverso le Ande peruviane, per un totale di oltre seimila chilometri. Così il primo viaggio latinoamericano. Dopo una breve tappa nella casa della fidanzata che in seguito lo lascerà, i due amici si trasformano nella sceneggiatura di Salles in due personaggi picareschi (forse un po’ stereotipati, ossia due personaggi, il timido e il libertino) lanciati per così dire, in un’avventura di conoscenza di paesaggi e di uomini di questa grande America “Maiuscola”, come la chiama Ernesto, che nello stile del racconto rischia di risultare troppo schematico e tutto sommato improbabile. i diari della motociclettaMancano l’esatta percezione del sudore, della fatica e lo stupore della scoperta di un mondo sino a quel momento sconosciuto. Manca inoltre, nonostante le buone intenzioni, la percezione del tempo che scorre e del suo ritmo interno all’esperienza del viaggiare.

Tuttavia vi è una certa onestà nel raccontare senza schemi ideologici preconfezionati (la rischiosa tentazione di sovrapporre), e altresì frammenti di sincera commozione come la sequenza del commiato dalla comunità di lebbrosi sul Rio delle Amazzoni, dove si avverte con precisione la vocazione di un uomo ai destini dei popoli oppressi dalla miseria e dallo sfruttamento..
Lontano dai grandi proclami e da forzature ideologiche, il film di Salles ci racconta ugualmente l’estrema bellezza dei luoghi comparabile all’immensa solitudine e alla miseria di uomini e donne che, se non otterranno mai un riscatto dalla sofferenza, di fatto quella terra nutrono e con essa si nutrono. La bellezza e la fame, dunque, come estremi di una dialettica che altrove, nella grande stagione del cinema latinoamericano, offrì esiti espressivi ben altrimenti memorabili.


di Maurizio Fantoni Minnella
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