I demoni di San Pietroburgo

montaldo-i_demoni_di_san_pietroburgo

montaldo-i_demoni_di_san_pietroburgoDopo quasi venti anni da Tempo di uccidere (1989), tratto dal libro di Ennio Flaiano, dopo essersi prevalentemente dedicato, negli anni ’90, alla regia di opere liriche, nonché essere stato Presidente di Rai Cinema dal 1999 al 2002, Giuliano Montaldo torna al cinema che ama. Lo fa con un film ambizioso, I demoni di San Pietroburgo, basato su un racconto affascinante ideato da Andrei Konchalovski e scritto da Paolo Serbandini intorno alla complessa figura di Fjodor Dostojeskij(1821-1881).
“Quello che mi ha affascinato – ha dichiarato il regista – è stato osservare un grande scrittore affrontare il demone della coscienza, nel timore di essere stato un cattivo maestro per le nuove generazioni” .In effetti, è questo uno degli aspetti centrali del film che spinge ad interrogarsi sul ruolo di intellettuali e artisti, ma anche sul terrorismo e l’uso della violenza a fini politici, sul male e sulla libertà, su Dio e la ricerca di un senso. Un’opera che, seppur ambientata nella Russia di ieri, parla sorprendentemente delle inquietudini di oggi e del nostro passato prossimo.

Del resto, da sempre, Montaldo attraverso personaggi storici come gli anarchici Sacco e Vanzetti(1971), Giordano Bruno (1974) o la partigiana di L’Agnese va a morire (1977) si occupa di argomenti cruciali e universali, quali il potere,il destino, la responsabilità individuale. Questa volta, il grande scrittore russo, pressato dai creditori, dalla scadenza del termine di consegna di “Il giocatore”, dagli attacchi di epilessia, deve, comunque, cercare Aleksandra (Anita Caprioli), capo di un gruppo terroristico e convincerla a fermare l’agguato contro l’Arciduca. L’affannosa ricerca del gruppo terroristico sarà per il maturo Dostojeskij (Miki Manojlovic) l’occasione per fare il bilancio del proprio impegno rivoluzionario e capire che, ormai è interessato a cercare una cosa sola:l’Uomo. Un film “classico”, suggestivo, romanzesco che non trascura, per questo, il versante visivo: la fotografia di Arnaldo Catinari merita, anzi, una menzione particolare. Da ricordare, infine, gli attori, tutti convincenti e ispirati, tra i quali spiccano Roberto Herlitzka nel ruolo dell’Ispettore e Filippo Timi in quello del rivoluzionario “convertito”.


di Mariella Cruciani
Condividi

di Mariella Cruciani
Condividi