Hostiles

“L’essenza dell’anima americana è dura, isolata, stoica e assassina. Non si è ancora mai disciolta”. E’ con questa lapidaria ed ineccepibile citazione di D.H. Lawrence che si apre Hostiles, un western solido e limpido che viaggia rigorosamente e armoniosamente dentro i canoni del genere. Le parole di Lawrence sono la necessaria premessa che bisogna tenere a mente durante tutto il corso del film che, all’interno della sua tramatura compatta e per certi versi prevedibile (il viaggio, l’incontro/scontro, il pericolo e infine la pacificazione/redenzione), vuole innestare una riflessione etica di ampio respiro sul (non)senso e sul (dis)valore della violenza, vista realisticamente come componente imprescindibile e irrinunciabile della storia di formazione – e quindi dello spirito profondo? – di una nazione.

Il protagonista è un capitano alle soglie della pensione, Joe Blocker – un taciturno e impassibile Christian Bale – che si vede costretto suo malgrado a scortare il capo indiano Cheyenne Falco Giallo (Wes Studi), anziano e in fin di vita, dalla prigione in cui è detenuto fino alla sua terra natia, il Montana, che l’uomo spera di poter rivedere per l’ultima volta. Sul loro accidentato e tormentoso percorso incontreranno Rosalie (Rosamund Pike), una donna che ha appena assistito allo sterminio della propria famiglia per mano di un gruppo di ladri di cavalli Comanche. Episodio, questo, raccontato con estrema asciuttezza e grande incisività nel prologo, e che in qualche modo è una dichiarazione di intenti: mettere da parte i rischi di uno sguardo storico troppo rigido e manicheo e rimarcare come la violenza sia stata, per forza di cose, il modus operandi su entrambi i fronti (fermo restando che si parla, da un lato, di un processo di colonizzazione e invasione e, dall’altro, di un tentativo di resistenza).

Il regista Scott Cooper, coadiuvato dall’eccellente direttore della fotografia Masanobu Takayanagi, confeziona un prodotto visivamente splendido

L’ostilità del titolo è anzitutto quella che unisce e distanzia, in un misto di odio e rancore, i due personaggi principali, descritti entrambi – tanto il capitano americano, quanto il capo indiano – come uomini aggressivi e spietati, cinici fin quasi al sadismo. Il loro sarà un percorso doloroso di progressivo avvicinamento alla disperata ricerca di una assoluzione reciproca e di una possibile redenzione. O meglio, questo è quello che si evince chiaramente dal personaggio di Blocker, perché è il suo sguardo, è il suo sentire che il regista sceglie di far coincidere con la propria prospettiva e dunque con quella spettatoriale. Mentre l’individualità di Falco Giallo viene in parte appiattita: la sua è una figura quasi bidimensionale che funge da elemento di alterità e confronto per Blocker, ma della quale ci viene restituito ben poco in termini di scavo psicologico/emotivo.

Il regista Scott Cooper, coadiuvato dall’eccellente direttore della fotografia Masanobu Takayanagi, confeziona un prodotto visivamente splendido, dove la descrizione dei paesaggi sterminati e della natura maestosa e indifferente fanno da cassa di risonanza all’azione e al pensiero dei personaggi: il dolore lacerante e inconsolabile di Rosalie che tenta di seppellire i suoi bambini in una terra

durissima, che non cede sotto i colpi disperati del badile; la tensione perenne e il terrore costante di un attacco Comanche, paventato a ogni strettoia rocciosa, a ogni sosta tra il fitto degli alberi; il senso di solitudine e di isolamento che si impongono sopra ogni cosa nella vastità desertica e sconfinata di uno spazio troppo ampio e selvaggio per essere definitivamente compreso, conosciuto, dominato.

Altrettanto efficace è la descrizione della violenza: tornano in mentre le dinamiche brutali e le atmosfere nerissime del coeniano Non è un paese per vecchi per la disumana meccanicità e l’ineluttabilità con cui la morte divora la vita passo dopo passo, tanto che i (pochi) personaggi che alla fine del viaggio si salveranno appaiono, sotto ogni aspetto, come dei veri e propri superstiti di uno sterminio perennemente in atto.

A fronte dei moltissimi pregi, Hostiles rivela però, nella scelta di non voler rinunciare all’happy ending, una certa ambiguità di fondo: perché il regista sembra voler assolvere a ogni costo il suo protagonista, prima ancora che lui abbia definitivamente perdonato se stesso.

Trama

Stati Uniti, 1892. Il capitano Joe Blocker viene incaricato di scortare il capo indiano Cheyenne Falco Giallo, in fin di vita, dalla prigione in cui è detenuto fino alla sua terra natia, il Montana. Il primo insormontabile ostacolo da affrontare in questo viaggio lungo e pericoloso sarà il sentimento di odio e rancore che il capitano prova per il capo Cheyenne.


di Arianna Pagliara
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