Hit Man – Killer per caso
La recensione di Juri Saitta, seguita dalla rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguardo a Hit Man - Killer per caso, di Richard Linklater, designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.

Hit Man – Killer per caso, di Richard Linklater, distribuito da Bim Distribuzione, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:
«Partendo dai concetti di “identità” e “ruolo” Richard Linklater ne scardina l’essenza ricorrendo a una commedia sfrenata che guarda dalle parti della screwball dell’età dell’oro e si divincola dall’appartenenza a un unico genere e alla sua prassi. Arrivando a una sintesi semplice ed efficace: il desiderio è ciò che libera davvero l’essere umano dalle pastoie della società».

La recensione
di Juri Saitta
Gary Johnson è un professore universitario che collabora con la polizia fingendo di essere un sicario per farne arrestare i “clienti” e prevenire così possibili omicidi. Tutto fila liscio fino a quando l’uomo non s’innamora di Madison, giovane donna che, credendolo un killer professionista, lo assolda per uccidere il marito.
Presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, il nuovo lavoro di Richard Linklater Hit Man – Killer per caso è un film che unisce con toni sempre umoristici e scanzonati thriller e commedia romantica per portare avanti alcune riflessioni meta-spettacolari, sociologiche e psicanalitiche sull’identità e la personalità.
Infatti, qui i travestimenti del protagonista e le sue interpretazioni dei finti sicari (diversi a seconda delle aspettative del “cliente” di turno) rimandano chiaramente alla figura dell’attore e all’influenza dello spettacolo sulla vita reale (la personalità di Gary cambierà anche grazie a uno dei suoi “personaggi”), oltre che ai vari ruoli e atteggiamenti che tutti noi assumiamo a seconda del contesto e delle persone che abbiamo di fronte, in quello che sembra essere un riferimento al saggio di Erving Goffman La vita quotidiana come rappresentazione.
Tutte questioni meta-spettacolari e sociologiche che nel corso del film si collegano anche a una serie di domande più psicanalitiche sull’identità e sulla sua mutevolezza, sul lavoro necessario per cambiare parte della nostra personalità, costruita attorno al perenne conflitto tra impulsi individuali e limiti sociali (in questa direzione, non è un caso che il protagonista viva con due gatti che si chiamano Io ed Es).
Ciò in un’opera che riesce a essere al tempo stesso leggera e profonda, ludica e stratificata; merito soprattutto di una sceneggiatura articolata ed equilibrata che, senza paura di sfiorare l’assurdo e di essere talvolta anche cinica, crea una serie di situazioni e di figure contemporaneamente riflessive e umoristiche.
Il tutto sostenuto da una regia classica ed efficace che segue la vicenda mantenendo un ottimo ritmo narrativo e che lascia spazio alle buone interpretazioni dei protagonisti, in primis quelle di Glen Powell e Adria Arjona.

Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)
Sin dalla sua presentazione al Festival di Venezia 2023, Hit Man – Killer per caso è stato accolto piuttosto positivamente dalla stampa italiana, che ne ha esaltato l’intelligente leggerezza unita a un ritmo serrato e divertente.
«l’esilarante, geniale commedia di Richard Linklater Hit Man – Killer per caso. Tratta da un articolo di giornale di una ventina d’anni fa, racconta, con la giusta aggiunta romanzata, l’incredibile vita di Gary Johnson, professore di filosofia e agente in segreto della polizia, pronto a fingersi sicario da assoldare, con lo scopo di cogliere in flagrante i colpevoli».
Davide Di Giorgio, su Duels, rilegge il tutto in perfetta continuazione tematica con il lavoro precedente firmato dal regista. Il critico afferma infatti che «Hit Man – Killer per caso non è in rotoscope come nel precedente Apollo 10 e mezzo (senza dimenticare i pionieristici Waking Life e A Scanner Darkly), ma è come se lo fosse il mondo di Gary Johnson, ultimo protagonista del cinema di Richard Linklater. La sua vita è in effetti un insieme di strati multipli che sembrano tracciati da una mano altra: certo, lui, docente di filosofia, insiste con i suoi studenti sulla natura arbitraria delle identità, ancor più se le stesse seguono i costrutti sociali, e si dichiara felice di vivere solo con i suoi gatti, arrotondando con saltuarie collaborazioni per la polizia».
Lorenzo Ciofani, invece, sulle pagine di La Rivista del Cinematografo allarga il discorso a un confronto più “ingombrante”, lodando lo sguardo del cineasta per dimostrarsi sempre al tempo stesso classico ma contemporaneo: «Ogni film è un’opera prima, sulle tracce del maestro Jonathan Demme (di cui resta, se non l’erede, un magnifico seguace: ne ha mutuato la versatilità e il dinamismo, la curiosità e la coerenza, la capacità di trasformarsi e la linearità del percorso), alla ricerca del cinema perduto per restituirlo a chi verrà dopo: Hit Man – Killer per caso (Fuori Concorso a Venezia 80) conferma la grandezza di Richard Linklater, un film che arriva da lontano, che scova il classico nel contemporaneo, svela la cinefilia nell’immaginario, trova l’ordinario nello straordinario, offre alla nostalgia la possibilità di farsi futuro».
Francesco Ruzzier, su Cineforum, incastona il film all’interno di una delle tematiche più sviscerate e affrontate dal regista, sottolineando come questo ultimo tassello della sua carriera non sia da meno dei precedenti: «È piuttosto evidente che tra i temi più cari al cinema di Richard Linklater ci sia il tempo, in ogni sua declinazione possibile. C’è il tempo come crescita in Boyhood, il tempo come evoluzione di una relazione nella trilogia dei “Before”, il tempo che deve ancora venire di Tutti vogliono qualcosa e quello passato di Last Flag Flyng. E il tempo irripetibile e ideale di Apollo 10 e mezzo. Anche Hit Man – Killer per caso, l’ultimo film di Linklater, ispirito a un articolo di giornale letto dal regista una ventina di anni fa, riflette anch’esso sul tempo e sul modo in cui il presente e la sua frammentarietà abbia messo in crisi il concetto stesso di identità».
Anche Sergio Sozzo, su Sentieri Selvaggi, si sofferma sull’eccellente momento creativo che sta attraversando la carriera di Linklater in questi anni. Scrive infatti così il critico: «Per quanto a volte discontinuo, Richard Linklater – il padre più illustre, insieme a Steven Soderbergh, del cinema indipendente americano post New Hollywood – veniva da uno dei suoi film migliori: il coming of age in rotoscope Apollo 10 e mezzo. Dev’essere in stato di grazia. Perché questo suo nuovo Hit Man, scritto e prodotto insieme al protagonista Glen Powell, già diretto in Tutti vogliono qualcosa e altro capolavoro tanto per capirci, è straordinario e aggiunge nuove tonalità comiche e noir alla già complessa ed eterogenea filmografia del cineasta texano».
di Juri Saitta